Emissioni CO2 e Coronavirus, 5 cose da sapere
Cosa salvare di questi mesi di Coronavirus? Nulla a parte, gli effetti positivi sul clima causati dal lockdown e una consapevolezza maggiore (almeno, si spera) rispetto alle nostre esistenze e a ciò che ci circonda. All’inizio dell’emergenza sanitaria, in molti si chiedevano quali effetti sull’ambiente avrebbero avuto il rallentamento della produzione e della circolazione mondiale sulle emissioni di anidride carbonica (CO2), principale gas responsabile dell’effetto serra e del riscaldamento climatico.
Una risposta è arrivata lo scorso 19 maggio con la pubblicazione da parte della rivista scientifica Nature Climate Change del primo rapporto sul tema. Realizzato da 13 esperti di scienza ambientale di diverse parti del mondo, si tratta di un lavoro scientifico con diversi spunti di rilievo. Vediamone alcuni.
1. Nel periodo compreso gennaio e aprile, il calo di emissioni di anidride carbonica rispetto allo scorso anno è stato in media del 15 per cento, con un picco mondiale del 17 per cento, raggiunto il 7 aprile. Naturalmente, trattandosi di medie, il calo di emissioni cambia da Paese a Paese. Il picco in Cina, per esempio, è stato superiore a quello degli Stati Uniti.
2. Alla diminuzione delle emissioni di CO2 ha contribuito senza dubbio li blocco quasi totale degli spostamenti con i mezzi. In particolare, quello dei trasporti in superficie ha causato un 36 per cento di emissioni in meno rispetto a l’anno precedente. Percentuale più alta per i voli civili, che ha prodotto circa invece il 60 per cento rispetto al 2019. Non poco, anche se l’impatto sulle emissioni totali globali non è poi così significativo come si potrebbe pensare: i voli causano solo una piccola parte del totale delle emissioni da trasporti.
3. Siamo tornati ai livelli di emissioni giornaliere globali del 2006. La diminuzione delle emissioni, dunque, è stata maggiore rispetto a quelle della crisi economica del 2008-2009. Occhio però ai facili entusiasmi, visto che gli esperti prevedono che la ripresa dell’economia porterà a una crescita molto forte della produzione di emissioni di CO2. Alla fine dell’anno, secondo lo studio di Nature Climate Change, le emissioni totali globali saranno solo minori del 4-7 per cento rispetto a quelle prodotte nel 2019.
4. Il calo di emissioni negli ultimi mesi è notevole e va accolto come una consolazione rispetto alla tragedia che sta colpendo il mondo e al conseguente lockdown. Va, però, ricordato che, a proposito dei cambiamenti climatici, il parametro più incisivo da tener presente non sono le emissioni, ma la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera. E quest’ultima non sarà stravolta di certo da due mesi senza automobili, aerei e centrali elettriche alimentate a carbone a cambiare quanto fatto in più di due secoli.
La curva di Keeling, che misura la concentrazione di anidride carbonica dal 1958 in poi (la linea rossa mostra le variazioni del livello di concentrazione di anidride carbonica, mentre quella nera l’andamento medio) confermano come per un effettivo cambiamento ci vorrebbe cambiamenti di produzione e di stile di vita dell’uomo ben più profondi e duraturi di quelli forzati di questi mesi. In altre parole, per contrastare il riscaldamento globale, servirebbero interventi più radicali e decisi della comunità internazionale, rispetto a quelli adottati nelle conferenze più recenti, come la Cop21 di Parigi.
5. Vero, i numeri e gli osservatori ci dicono che gli sforzi delle singole persone per ridurre l’impatto delle attività umane sull’atmosfera hanno un impatto minimo. Non per questo, però, dobbiamo rinunciare ad azioni virtuose. A pensarci bene, del resto, se vogliamo risolvere il problema del riscaldamento globale, prima dobbiamo cambiare noi stessi. Proprio come abbiamo fatto per fronteggiare il Coronavirus. Rinunciare una volta l’anno a un volo a lungo raggio? Guidare un’auto a batteria? Usa re i mezzi pubblici? No, non è detto che siano azioni inutili…