È l’inventore del modello Cradle to cradle: prodotti biodegradabili che assorbono sostanze nocive. Obiettivo? Zero rifiuti. Braungart presentato da Roberto Brunelli sul Venerdì di Repubblica del 6 aprile 2018

Una volta, trentasei anni fa, si tuffò in mare cercando di bloccare una nave che scaricava rifiuti tossici. E quando lavorava in Greenpeace, per protesta ha vissuto dentro un albero. «Ma quelli erano appunto i tempi della protesta. Ora è il tempo di pensare diversamente». In gioco c’è l’ambiente, il futuro del pianeta, la sopravvivenza della specie evia dicendo.

Michael Braungart, scienziato e professore di chimica tedesco, oggi uno dei guru mondiale del neo-pensiero ambientalista (di passaggio a Padova, dove ieri ha partecipato al ciclo di incontri “Segnavie’) chiede a tutti di capovolgere il nostro modo di affrontare la questione: «Basta insistere con l’approccio della limitazione del danno ambientale e della cosiddetta sostenibilità, che vuol dire solo continuare nell’errore. Il punto è quello di reinventare tutto il sistema industriale». In altre parole, creando oggetti certificati “dalla culla alla culla”: ossia realizzati usando energie rinnovabili e materie prime non tossiche, mettendo al centro la responsabilità sociale e assicurandosi prestazioni elevate.

È appunto il metodo Cradle to cradle (“dalla culla alla culla”, appunto), di cui Braungart dal 1992 è il massimo alfiere, al quale moltissime aziende si stanno già affidando con certificazioni ad hoc. Oggetti come la moquette che assorbe le polveri sottili e pulisce l’aria, la vernice che mangia lo smog, gli abiti completamente biodegradabili, i mattoni fatti di sabbia, le sedie da ufficio che bloccano la diffusione di batteri.

Niente di utopico, anzi: «Prendete la nostra moquette», insiste il professore. «Come sa, le polveri sottili sono uno dei maggiori problemi del nostro presente. In Europa ogni anno 40 mila persone muoiono a causa loro, contro le 25 mila vittime degli incidenti stradali. Dunque si tratta di invertire il problema: non limitare l’inquinamento, ma creare prodotti che eliminano la loro causa all’origine». In pratica, Braungart e gli altri progettisti del modello “C2C’ considerano tutto il ciclo di vita di un prodotto, partendo dalla creazione con materiali

sostenibili, rispettando l’ambiente e le stesse persone coinvolte nel processo di produzione. L’aspirazione finale è l’eliminazione del concetto di rifiuto, che si renderà obsoleto. «Tutto può essere progettato in modo tale da non finire nella spazzatura ma per rimanere per sempre nel cerchio della natura. È illogico creare prodotti inquinanti e poi fare di tutto per contenerli». Parla con foga, Braungart, snocciola un’infinità di esempi: dal catalogo Ikea che contiene «migliaia sostanze chimiche al suo interno», agli pneumatici delle nostre auto «la cui usura finisce sulle strade: roba che finiamo per respirare». Tutto questo però implica un portentoso e generale cambio di mentalità. Braungart è ottimista: «Quando produttori e consumatori vedranno che il modello C2C è conveniente, il cambiamento accelererà a ritmo sempre maggiore».