
Parengyodontium album: il fungo “mangia-plastica”
Un team internazionale di biologi marini ha identificato, all’interno della Great Pacific Garbage Patch, un nuovo fungo marino in grado di degradare rifiuti di plastica galleggianti. La scoperta è stata pubblicata su Science of the Total Environment e rappresenta un passo avanti significativo nella ricerca di soluzioni naturali per contrastare l’inquinamento da plastica.
Scoperta rivoluzionaria nella Great Pacific Garbage Patch
Il fungo scoperto è stato identificato come Parengyodontium album. Questo organismo è il quarto fungo marino conosciuto con la capacità di consumare plastica, aggiungendosi a un gruppo ristrettissimo di specie capaci di biodegradare il polietilene.
Meccanismo di degradazione e ruolo dei raggi UV
La ricerca mostra che il Parengyodontium album è in grado di attaccare il polietilene solo se già alterato dai raggi ultravioletti. L’esposizione ai raggi UV rompe la struttura polimerica, facilitando così l’attacco biologico. In laboratorio, la combinazione tra fotodegradazione e azione enzimatica del fungo ha portato ad un tasso di decomposizione dello 0,05 % al giorno durante studi condotti su un arco di nove giorni.
Non è una panacea, ma apre nuove prospettive
Gli scienziati sottolineano che, nonostante il potenziale, la scoperta non deve indurre a rilassare l’uso della plastica. La riduzione alla fonte della plastica monouso resta la miglior strategia per prevenire ulteriori accumuli. Inoltre, la rimozione massiva di plastica dagli oceani è complessa, costosa e rischia di danneggiare la fauna marina
Le prospettive future della “biodegradazione marina”
La presenza di Parengyodontium album nel mucchio di plastica suggerisce l’esistenza di altri microrganismi marini con capacità simili. I ricercatori affermano che altri funghi marini, noti per scomporre carbonio complesso, potrebbero svolgere un ruolo analogo nel futuro, segnando un interessante campo di studio nella lotta contro la plastica negli oceani
Tra cautela e speranza
La scoperta di Parengyodontium album rappresenta un’importante innovazione scientifica, ma deve essere interpretata con equilibrio: la degradazione biologica potrà integrare, non sostituire, le misure attuali. Ridurre, riciclare e pulire la plastica rimangono azioni indispensabili per proteggere i nostri oceani.
