Plastica in mare, 10 proposte contro l’inquinamento
Plastica: il 50% di quanto raccolgono nelle loro reti i pescatori italiani è plastica. Lo ha comunicato la scorsa estate il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, in occasione di un convegno. Al punto che, contestualmente, ha annunciato una legge antiplastica. E i dati allarmanti non finiscono qui. Secondo Beach Litter, ricerca annuale di Legambiente in 100 metri ci sono 620 rifiuti. Sul podio, tappi (51), bottigliette (39) e stoviglie usa e getta (26).
Eppure non tutti i dati sono negativi: la raccolta differenziata degli imballaggi in plastica in Italia è passata dal 39% del 1997 all’85% del 2017 (dati Istat). Dunque, non siamo messi così male, ma serve qualcosa di più. Consapevolezza e maggiore sensibilità, ma soprattutto nuove idee. Così Irene Soave, nella storia di copertina di 7 – il magazine del Corriere della sera – del 2 agosto 2018, ha lanciato 10 proposte per aziende, istituzioni e cittadini, risultato di una indagine tra addetti ai lavori.
Le abbiamo riassunte.
1) Disincentivare l’usa e getta. I sacchetti di plastica, pur avendo avuto una contrazione nella grande distribuzione, continuano a essere venduti nei negozi e mercati? Un’idea sarebbe dare seguito all’orientamento del ministero dell’Ambiente: aumentare le imposte a chi produce plastica monouso e precedere incentivi ai produttori di plastiche biodegradabili o materiali alternativi.
2) Introdurre i vuoti a rendere. “In Germania – spiega la giornalista – se compro una bottiglietta d’acqua a Norimberga e poi la riconsegno in qualsiasi negozio di Amburgo ricevo indietro 25 cent di cauzione che ho pagato all’acquisto. Il negozio si occupa del recupero.” Da noi, però, creare un sistema coordinato è al momento improbabile: i rifiuti sono gestiti in maniera autonoma dai comuni.
3) Incentivare il mercato del riciclo. La plastica prodotta in Italia finisce nei termovalorizzatori oppure viene riciclata (il 2017 è stato il primo anno in cui il riciclo di plastica ha superato quella mandata in discarica, che è il 27%). “Ma – osserva la Soave – i materiali rigenerati non sono sempre la prima scelta dei produttori.” Una soluzione sarebbe prevedere una quota obbligatoria per le amministrazioni pubbliche destinata all’acquisto di arredi urbani in materiali riciclati.
4) Investire in nuovi impianti. Tanti rifiuti (anche gestiti bene) ma pochi impianti in grado di gestirli (appena 40 e quasi tutti al Nord. Per anni la Cina è stata la valvola di sfogo, ma da gennaio ha detto stop per dedicarsi ai propri rifiuti. Occorrono nuovi impianti.
5) Premiare la differenziata fatta bene. Più che le multe (efficaci solo per il 60% dei cittadini) servirebbero incentivi fiscali e tariffari. L’83% degli italiani ha dichiarato che in loro presenza farebbe la differenziata in maniera più attenta.
6) Coinvolgere i pescatori. Il famoso 50% di plastica pescato viene ributtato in mare: portarlo riva comporterebbe tasse e incombenze varie. Anche qui la soluzione potrebbe essere premiare il riciclo.
7) Installare filtri alle foci dei fiumi. L’80% dei rifiuti in mare viene da terra. La soluzione? Installare alle foci dei filtri che fermino la plastica.
8) Rivedere l’accordo Anci-Conai. I Comuni italiani (Anci) ricevono dal Consorzio nazionale dei produttori imballaggi (Conai) un rimborso per la differenziata: il principio è che chi produce il rifiuto (i produttori di imballaggi) finanzi il recupero (con i produttori che si autotassano per ogni tonnellata di materiale prodotto). I rimborsi del Conai, però, non coprono le spese. Un problema per l’Anci e le società cui delega i servizi. Il risultato è: tasse più alte o meno investimenti nella raccolta differenziata. La soluzione? Nel 2019, quando scadrà il contratto, rivedere le condizioni. I contributi del Conai, infatti, sono tra i più bassi d’Europa.
9) Investire sull’ecodesign. Per esempio: le bottigliette dell’acqua sono fatte di un tipo di plastica, mentre tappo e anello, spesso, di un altro. Se fossero tutti dello stesso tipo la differenziata non sarebbe favorita?
10) Differenziare tutta la plastica. A oggi la raccolta comprende solo gli imballaggi (un terzo di tutta la plastica che buttiamo via), ed è gestita da Corepla. Perché non estenderla anche a giocattoli, indumenti, attrezzature mediche, tubature? “Se le imprese sia autotassassero per gestirne il recupero” – spiega il presidente Ciotti – “ci avvicineremmo agli obiettivi Ue per il riciclo”. Cioè al 50% della plastica riciclata entro il 2020.