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Mobilità sostenibile

Stop alle auto a diesel e benzina dal 2035: scelta giusta o avventata?

Agosto 5, 2021 By

Il piano green presentato dalla Commissione europea è ambizioso. Rischio, però, di non essere “sostenibile” per l’industria dell’auto…

0, 55, 35 e -9. No, il caldo non ci ha dato alla testa! Stiamo dando i numeri sì, ma quelli del pacchetto del piano verde presentato dalla Commissione europea al Parlamento. Un piano legislativo, quello della presidente Ursula von der Leyen, decisamente ambizioso: tra dazi e incentivi, l’obiettivo è quello di arrivare alla neutralità climatica (azzeramento, cioè, delle emissioni nette di gas a effetto serra) entro il 2050.

I numeri dicevamo. In questo caso più che mai, sono il modo migliore per raccontare gli ambiziosi traguardi che la Commissione si è prefissata. E allora passiamoli in rassegna per capire meglio quali sono, per poi fare il punto della situazione.

0 le emissioni auto entro il 2035. L’obiettivo principale della Commissione è ridurre le emissioni di CO2 degli autoveicoli del 555% entro il 2030 per arrivare alla produzione di automobili ad emissioni zero entro il 2035. Una rivoluzione: tra quattordici anni, dunque, non potranno più essere venduti veicoli che emettono emissioni inquinanti. In tal senso, dal 2026, scatteranno tasse sui combustibili inquinanti. Provvedimenti, che la Commissione vorrebbe estendere anche al settore aereo (finora esentato) e a quello marittimo.

55% il taglio delle emissioni entro il 2030. Per ridurre entro il 2030 le emissioni di gas serra del 55% rispetto ai livelli del 1990 ed azzerarle del tutto entro il 2050, la Commissione ha previsto che le energie rinnovabili dovranno raggiungere II 40% dei consumi finali entro il 2030 (il 20% del 2019). Il nuovo target sostituisce l’obiettivo precedente del 32%. La proposta promuove l’utilizzo di combustibili rinnovabili (ad esempio l’idrogeno) nell’industria e nel settore dei trasporti.

35 milioni di edifici green entro il 2030

L’Europa oggi rinnova appena l’1% degli edifici ogni anno per risparmiare energia. Bruxelles spera che i miliardi del Recovery Fund contribuiscano a raggiungere la quota di 35 milioni di edifici dotati di rinnovabili nei sistemi di riscaldamento e ed efficienza energetica. Non si tratterebbe soltanto di un beneficio ambientale, ma anche economico: la Commissione stima che l’adeguamento creerebbe 160mila nuovi posti di lavoro “green” nel settore edile.

-9% i consumi d’energia

Il pacchetto “Fit for 55” fissa anche dei target di risparmio energetico, stabilendo un obiettivo collettivo per i Paesi Ue: tagliare i consumi di energia del 9% entro il 2030 rispetto all’attuale tendenza. Per raggiungerlo, i Paesi dovranno tagliare ogni anno dell’1,5% i loro consumi finali dal 2024 al 2030. Serviranno, dunque, isolamento degli edifici e sistemi di riscaldamento (e di condizionamento) più efficienti.

Tra gli obiettivi e le proposte sopra elencati, quello che ha suscitato più perplessità è quello dello stop alle auto a diesel e benzina dal 2035. La rivoluzione della mobilità in ottica green divide. Almeno nelle tempistiche e nelle percentuali.

I più entusiasti sottolineano come la corsa all’elettrificazione (tappa intermedia 2025, traguardo il 2030) sia già partita. Le case automobilistiche avevano già annunciato grandi investimenti, come dimostrano i 35 miliardi di Stellantis e Gm, i 30 (in dollari) di Bmw e Ford e i 70 di Daimler; probabile che crescano ulteriormente dopo il pacchetto verde presentato dalla Commissione. Per paura delle sanzioni miliardarie, ma non solo: se dopo l’anno pandemico la vendita delle auto è ripartita senza strafare, quella delle auto a batteria (bev) ed ibride plug-in (phev) volano (in Europa erano 1,4%, nel 2020 sono arrivate a quasi l’11%).

Insomma, la mobilità sostenibile come opportunità e, al tempo stesso, processo irreversibile. La stessa von der Leyen ha spiegato che “i cambiamenti di questo tipo non sono mai facili. Molti diranno che dobbiamo fare meno e più lentamente. Ma nella situazione in cui versa il nostro pianeta fare meno significa non fare nulla, e non possiamo permettercelo”.

Ci sono poi coloro che sottolineano i costi sociali ed economici (ad esempio, i prevedibili aumenti dei costi che si scaricheranno sui consumatori) oltre all’inattuabilità delle proposte messe in campo. Tra i critici più autorevoli c’è Chicco Testa. In un’intervista al quotidiano Italia Oggi, il presidente di Fise Assoambiente. ha dichiarato: “Impensabile riconvertire tutti i sistemi produttivi per ridurre le emissioni di del 55% in neppure dieci anni. Il piano europeo, così come è scritto, è uno sconvolgimento radicale, che comporta l’abbandono di sistemi produttivi a favore di altri che sono tutti da costruire. Tra l’altro la previsione di una tassa sulle imprese ad oggi maggiormente inquinanti e che non si adegueranno porterà ad un aumento dei costi di prodotti e servizi che si scaricheranno sul consumatore finale”.

A proposito delle conseguenze, Chicco Testa ha precisato: “Ci saranno effetti a cascata molto pericolosi per lavoro e competitività, indubbio. L’errore è aver alzato l’asticella degli obiettivi da raggiungere e contemporaneamente ridotto il tempo per realizzarli, in questi casi la curva della successiva discesa è inevitabilmente più ripida. Ci si fa più male. La politica dei sostegni va bene in una fase di transizione, ma a regime l’economia deve trovare la sua strada per la sostenibilità, deve avere muscoli forti e tempi giusti per digerire il cambiamento. Andrebbe rivisto il piano e basta”.

Il tempo dirà se il pacchetto green sarà approvato in toto e, soprattutto, se le misure in esso contenute si riveleranno giuste o azzardate. Di sicuro, i cambiamenti climatici impongono un’accelerazione degli impegni dei vari Stati. E di sicuro, i nostri figli e i nostri nipoti porteranno auto elettriche…