
PFAS: la Francia si dota di una delle leggi più ambiziose al mondo.
La Francia ha definitivamente adottato una proposta di legge volta a proteggere la popolazione dai rischi legati agli inquinanti persistenti. Essa vieta il loro uso in tre categorie di articoli e istituisce una tassa sugli scarichi industriali nell’acqua secondo il principio “chi inquina paga”, scrive Le Monde.
Proprio un mese fa, sulla scia delle rivelazioni sui costi esorbitanti dell’inquinamento da PFAS – un gruppo di sostanze chimiche artificiali ampiamente utilizzate – tutte le organizzazioni europee per la difesa dell’ambiente e della salute hanno scritto alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen per sollecitarla a “porre fine all’inquinamento più grave nella storia dell’umanità” vietandoli, come si era impegnata a fare nel 2022 con la strategia “inquinamento zero” del Green Deal europeo.
La Francia si appresta a fare da apripista. Giovedì 20 febbraio, i deputati hanno votato una proposta di legge volta a proteggere la popolazione dai rischi legati ai PFAS. Nonostante gli emendamenti presentati dai gruppi Rassemblement national e Union des droites pour la République per bloccare il testo, esso è stato definitivamente adottato dopo essere stato votato in prima lettura alla Assemblea nazionale e poi al Senato.
“In un periodo abbastanza breve, due anni e mezzo, grazie alla mobilitazione di parlamentari, ONG, scienziati e giornalisti investigativi, un argomento che era sotto i riflettori si è imposto nella discussione pubblica al punto che la Francia ha ora una delle leggi più ambiziose al mondo sui PFAS”, si rallegra il relatore, il deputato ecologista della Gironda Nicolas Thierry.
Finora, solo la Danimarca, nel 2020, e lo Stato del Maine (Stati Uniti), un anno dopo, avevano legiferato per vietare gradualmente i PFAS in vari prodotti di uso quotidiano: imballaggi alimentari, abbigliamento, scarpe e cosmetici.
La parte del divieto della proposta di legge francese è più limitata. La produzione, l’importazione e la vendita di prodotti contenenti PFAS saranno vietate a partire dal 2026 per tre categorie di articoli di largo consumo: cosmetici, tessuti per abbigliamento – ad eccezione degli indumenti protettivi per i professionisti della sicurezza e della protezione civile – e scioline per gli sci. Tutti i tessuti saranno interessati a partire dal 2030.
I parlamentari hanno mantenuto il principio “chi inquina paga”
La questione degli imballaggi alimentari è stata rinviata alla normativa europea: a partire dal 2026 non dovranno più contenere PFAS. Inizialmente, il progetto di legge prevedeva di vietare l’uso di PFAS a partire dal 2027, ad eccezione di quelli considerati “essenziali”, cioè necessari per la salute o la sicurezza, e per i quali non esistono alternative. Il promotore ha dovuto rinunciarvi per non condannare il suo testo.
La proposta di legge non si limita ai divieti. Di fronte alla massiccia contaminazione delle risorse idriche, i parlamentari hanno deciso di far sostenere agli industriali gli enormi costi della bonifica secondo il principio “chi inquina paga”. Il testo istituisce una tassa (100 euro per 100 grammi di PFAS scaricati nell’acqua) che sarà versata alle agenzie per l’acqua per finanziare il trattamento sempre più costoso delle captazioni di acqua potabile. Questa tassa entrerà in vigore un anno dopo la promulgazione della legge e si rivolge principalmente ai grandi produttori di questi inquinanti (Arkema, Solvay, BASF…).
Un passo avanti in materia di trasparenza
Confrontata, come altri distributori d’acqua, con il grave problema del TFA (acido trifluoroacetico), l’eterno inquinante ormai più diffuso nell’ambiente, la società Eau de Paris si appresta a sporgere denuncia contro ignoti per “far pagare le multinazionali della chimica e non gli utenti”. Secondo le stime della prima azienda pubblica francese per l’acqua, il costo della bonifica potrebbe ammontare a “miliardi di euro”.
Un’altra questione legata al TFA è la sua integrazione nel controllo sanitario dell’acqua potabile. L’associazione Générations futures ha appena avviato un ricorso legale per costringere il governo ad aggiungerlo agli inquinanti sistematicamente ricercati. La direttiva europea prevede il monitoraggio di venti PFAS a partire dal 2026, ma questo elenco non include il TFA, che è sospettato di essere tossico per la riproduzione.
Il disegno di legge potrebbe colmare questa lacuna. Prevede di includere immediatamente nel controllo sanitario tutti i PFAS, a condizione che siano quantificabili o che il loro monitoraggio sia giustificato da circostanze locali. Il testo contiene anche un progresso in materia di trasparenza. Le agenzie regionali per la salute dovranno pubblicare e aggiornare mappe per rendere conto dello stato di contaminazione da PFAS dell’acqua del rubinetto e in bottiglia in ogni territorio.
Un’altra questione da affrontare “con urgenza”, secondo il deputato della Gironda, “è quella di proteggere meglio i lavoratori del settore chimico, in particolare i subappaltatori”. Il 6 febbraio, la CGT ha scritto al capo del governo, François Bayrou, per chiedergli un “incontro urgente” di fronte a questo “nuovo scandalo sanitario”.
