Rifiuti elettronici, a Verona un nuovo impianto che ricicla plastica speciale
Se da una parte computer, smartphone, televisori ed elettrodomestici accompagnano la nostra vita offrendoci soluzioni e opportunità, dall’altra negli anni sono diventati un problema. Il loro ciclo di vita, infatti, va gestito con molto attenzione visto il forte impatto ambientale.
I numeri che preoccupano
Si stima che, a livello globale, in un anno siano prodotte 50 milioni di tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, ma che ne vengano recuperate appena il 20%, mentre in Italia le tonnellate perdute sono 600 mila a fronte delle 343 mila raccolte nel 2019 (+10% nel 2018). Oltre il danno c’è poi la beffa. Sì, perché oltre a non essere riciclata, la plastica contenuta in queste attrezzature spesso e volentieri finisce nei mari oppure in Asia e in Africa, dove viene bruciata senza alcuna tutela ambientale. Il tutto nonostante l’Ue proibisca severamente l’esportazione dei Raee.
L’impianto di Angiari
Ecco allora che la notizia che ad Angiari, in provincia di Verona, nascerà uno dei primi impianti in Europa in grado di trattare la plastica dei Raee – acronimo che sta per Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche – è da accogliere con soddisfazione. Vediamo meglio il perché. Come detto, parliamo di un impianto all’avanguardia, gemello di quello di Goteborg, in Svezia. Non a caso, il progetto è figlio della svedese Stena recycling, che ha deciso di investire circa venti milioni nella filiale italiana
Ma cosa farà nello specifico l’impianto in questione? Semplificando, l’impianto serve a ottenere dalla plastica dei polimeri per il reimpiego industriale. Come? Attraverso una particolare tecnologia sviluppata proprio dalla multinazionale svedese: in pratica, la plastica viene trattata, poi separata e infine attraverso l’estrusione – un processo di deformazione plastica finalizzato alla produzione di pezzi (“estrusi”) a sezione costante come tubi, barre, profilati ecc – si ottiene il pellet che poi viene venduto all’industria. Di quel che resta, una parte è avviata al recupero energetico mentre l’altra (quella con elementi inquinanti) viene avviata a distruzione definitiva. Si prevede che in un anno verranno trattate circa 40-45 mila tonnellate di plastica Raee e che da queste si otterranno circa 18-20 mila tonnellate di polimeri.
Con lo stop cinese, una scelta necessaria
Una scelta, dunque, importante perché in grado di contribuire a risolvere un problema globale e in qualche modo obbligata e necessaria per il Paese. Dal 2018, infatti, la Cina ha smesso di importare 24 tipi di materiali da riciclare, tra cui appunto la plastica. Una decisione che ha imposto all’Occidente di ripensare l’intero ciclo e di disporre impianti per la trasformazione e il riciclo dei Raee. A tal proposito, per avere l’idea, si pensi che nel 2012 la Cina ha raccolto il 56% dei rifiuti in plastica esportati a livello mondiale e che, In Italia, le famiglie producono ogni anno circa 400mila tonnellate di Raee il cui 40% è realizzato con plastica.
Infine, l’aspetto occupazionale. Il nuovo impianto vorrà dire non solo benefici ambientali, ma anche nuovi posti di lavoro con oltre 80 persone tra operai e impiegati specializzati, più l’indotto. A conferma, che i rifiuti e il loro smaltimento possono essere un’opportunità e non solo un problema.