Rifiuti, l’esempio di Copenaghen e lo stallo italiano
Due storie diverse. Da una parte Copenaghen, dall’altra l’Italia. E al centro la questione, che da tempo “infiamma” il dibattito dei rifiuti e del loro smaltimento. Lasciamo per un attimo le dispute ideologiche e concentriamoci sui numeri.
Partiamo dalla Danimarca. A Copenaghen c’è un impianto in pieno centro, che è considerato il termovalorizzatore più all’avanguardia e pulito del mondo. In funzione dal marzo 2017, è costato 750 milioni. In un anno brucia 400.000 le tonnellate di rifiuti solidi e produce 63 Mega Watt massimi di elettricità e 247 Mega Watt massimi di energia termica per il riscaldamento. Ma le cifre più importanti (almeno per chi è interessato alla tutela ambientale) sono raccolte in due percentuali: 99,5% e 90% che indicano l’abbattimento delle emissioni, rispettivamente degli ossidi di zolfo e dei vari nitrati. Niente male. Non a caso la Danimarca è da sempre tra i Paesi più virtuosi in tema di tutela ambientale (Copenaghen, che ha il record europeo di rifiuti pro capite prodotti, differenzia o brucia il 97% degli scarti urbani). Ma non è tutto. Poiché il tetto dell’edifico ha la forma di una montagnetta (90 metri di altezza, 200 di lunghezza e 60 metri di larghezza) i danesi hanno pensato di costruirci sopra una pista di sci. Sì, avete letto bene: nella città della Sirenetta scieranno sopra l’impianto. Un a soluzione nella quale c’è anche un po’ di tricolore, visto che gli ideatori della neve sintetica sono di Bergamo.
E in Italia? Nel Bel Paese le cose vanno meno bene. Fatichiamo a smaltire rifiuti. Da noi, in un anno, se ne termovalorizzano appena 6 milioni di tonnellate (come la Norvegia, che però ha un decimo degli abitanti dell’Italia) contro le 10 del Regno Unito, le 15 della Francia e le 20 della Germania. E pensare che in tema di termovalorizzatori ecologici l’Italia è stata antesignana. Dal 1998, infatti, è attivo alle porte di Brescia un impianto di produzione elettricità e riscaldamento che, nel 2006, fu premiato dalla prestigiosa Columbia University di new York come “il miglior impianto al mondo”.
Il tema è aperto e non riguarda solo il caso Campania (dove i numeri sono impietosi: si producono 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti l’anno e se ne raccolgono in differenziata meno della metà). Il problema riguarda tutto il Paese: vogliamo superare le contrapposizioni ideologiche che finora hanno prodotto montagne di inchiostro e zero risultati o vogliamo dimostrare la maturità che serve e decidere finalmente come uscire, e presto, dall’emergenza rifiuti in cui rischiamo di sprofondare sempre più?