Zoo o non Zoo? Questo è il dilemma: analisi di un problema

Dicembre 9, 2024 By

La scelta di non visitare gli zoo è una decisione sempre più diffusa legata a questioni di sostenibilità, etica e rispetto verso gli animali. Oggi questo approccio invita a interrogarsi sul modo in cui l’essere umano si relaziona con le altre specie e propone alternative più consapevoli per l’educazione e il contatto con la natura.

 

Storia e contesto: gli zoo non sono sempre solo educazione

I primi zoo, o meglio i primi “serragli”, furono creati già nel 2500 a.C. da governanti e aristocratici come simboli di potere. Giraffe, elefanti, orsi e altri animali esotici venivano catturati durante lunghe spedizioni e rinchiusi in spazi artificiali destinati ad attrarre l’attenzione e il prestigio delle classi dominanti. Questo modello di collezionismo animale continuò con l’espansione delle civiltà, da Roma a Cina e Messico.

Con il tempo, gli zoo si sono evoluti: inizialmente spazi dedicati al puro spettacolo, sono poi diventati anche centri di ricerca scientifica e conservazione. Tuttavia, con l’affermarsi di un nuovo approccio etico, la loro utilità è ora sempre più contestata.

 

Cyril e gli altri: la storia delle fughe da zoo

Le fughe di animali dagli zoo sono storie emblematiche che mostrano quanto sia forte l’istinto di libertà. Cyril, un leone marino ospitato nello zoo di London in Ontario nel 1958, tentò di scappare attraversando oltre 200 chilometri attraverso il lago Erie fino ad arrivare negli Stati Uniti. Il tentativo di liberazione durò poco: fu catturato e trascorse il resto della sua vita in un recinto artificiale. 

Storie come quella di Cyril non sono isolate. Nel 2010, per esempio, le inondazioni in Montenegro permisero all’ippopotamo Nickica di scappare. Nel 1979, una lupa fuggì per un mese a Los Angeles, nascondendosi nel verde di Griffith Park.

Questi episodi raccontano una verità innegabile: gli animali prigionieri sentono un istinto inarrestabile di scappare verso la libertà, spinti da un bisogno naturale che la cattività reprime.

 

Gli zoo oggi: bioparchi e conservazione

Oggi, gli zoo tradizionali si sono trasformati in strutture moderne chiamate bioparchi, che ospitano sia animali esotici sia specie a rischio di estinzione con l’obiettivo di garantire programmi di ricerca scientifica e conservazione. Le strutture bioparco, spesso affiliate a organizzazioni come EAZA (European Association of Zoos and Aquaria), mirano a mantenere popolazioni vitali di animali attraverso programmi di riproduzione e reinserimento in natura. Tuttavia, alcuni esperti mettono in dubbio l’effettiva efficacia di questi programmi.

Secondo Enrico Moriconi, medico veterinario e Garante per i diritti degli animali della Regione Piemonte, la prigionia è sempre dannosa per gli animali:

«Le condizioni di cattività causano inevitabilmente stress e sofferenza, che si traducono in una serie di patologie e anomalie. La mortalità infantile è più alta in cattività, e la salute complessiva degli animali risulta spesso compromessa».

In effetti, su circa 5926 specie catalogate dall’International Union for the Conservation of Nature (IUCN) come in pericolo di estinzione, solo circa 120 specie (appena il 2%) sono soggette a programmi di riproduzione nei parchi zoologici.

Perché la conservazione negli Zoo è insufficiente?

  1. Problemi genetici: Le specie negli zoo tendono a perdere il loro patrimonio genetico originale a causa dell’incrocio tra popolazioni di diversa provenienza. Questo fenomeno causa quella che viene definita confusione genetica, riducendo la capacità delle specie di sopravvivere in natura.
  2. Scarsa capacità di reintroduzione: Anche se gli zoo riuscissero a riprodurre con successo esemplari di specie a rischio, la loro reintroduzione in libertà è problematica per vari motivi:
    • Vulnerabilità genetica dovuta alla consanguineità.
    • Distruzione degli habitat naturali che impedisce la sopravvivenza.
    • Mancanza delle competenze istintive e comportamentali necessarie per vivere in libertà.

Nonostante alcune eccezioni riuscite, come i programmi di reintroduzione della lince iberica in natura o il salvataggio della gazzella Mhor e di altri animali a rischio, è chiaro che la cattività spesso non produce i risultati sperati. Esperimenti di reinserimento in natura, infatti, mostrano gravi limiti. Ugo Mereu, esperto di biodiversità, sottolinea come l’imprinting (l’apprendimento precoce indotto dall’esperienza con l’essere umano) renda difficili questi tentativi.

 

La questione educativa

Un altro elemento da considerare è l’aspetto educativo legato alla visita degli zoo. Molti psicologi sostengono che esporre i bambini a immagini di animali rinchiusi in spazi artificiali può avere un effetto fuorviante e persino traumatico. 

Perché la visione negli zoo è fuorviante?

  1. L’illusione della natura artificiale: L’educazione impartita tramite gli zoo rischia di comunicare un messaggio sbagliato: la possibilità di conservare e proteggere la natura attraverso strutture artificiali, piuttosto che con la protezione degli ecosistemi naturali.
  2. Diseducazione sui sistemi naturali: Mostrare animali in ambienti artificiali stimola l’idea che l’essere umano possa controllare la natura, manipolarla o ricrearla artificialmente. Questa convinzione è pericolosa per il futuro della biodiversità.


Un argomento simile è anche l’utilità scientifica di questi spazi. Tuttavia, anche qui emergono alcuni limiti:

  • Ricerca parziale e limitata: Molte ricerche effettuate negli zoo si concentrano su animali in cattività e non sulle loro abitudini naturali in libertà. Di conseguenza, i dati raccolti sono spesso lontani dalla realtà selvaggia.
  • Effetti psicologici e ambientali: La ricerca condotta negli zoo evidenzia spesso non vantaggi, ma piuttosto sofferenza psicologica e cambiamenti comportamentali derivanti dal confinamento.

 

Secondo il sondaggio Eurispes del 2016, il 54,9% degli italiani si dichiara contrario alla visita degli zoo. Per Isabella Pratesi, responsabile conservazione WWF Italia, l’educazione dovrebbe invece basarsi sul contatto con la natura autentica:

«È meglio far conoscere ai bambini la fauna selvatica del loro territorio, come scoprire un nido di cinciallegra o le tracce di una donnola, piuttosto che far loro vedere animali esotici in un recinto».

Esperienze alternative, come i Centri di Recupero della Fauna Selvatica (CRAS), possono essere un’opzione educativa valida. Questi centri accolgono animali in difficoltà, curandoli e rimettendoli in libertà quando possibile, evitando l’approccio puramente spettacolare tipico degli zoo.

 

I santuari come alternativa

Se invece degli zoo esistessero solo santuari, la situazione sarebbe diversa. I santuari sono spazi pensati per accogliere animali che non possono essere reinseriti in natura: esemplari con menomazioni, provenienti da esperienze di sfruttamento come circhi o zoo, o salvati da situazioni di grave violazione dei loro diritti. Qui, vengono accolti, curati e lasciati vivere in semilibertà in ambienti naturali il più possibile vicini al loro habitat naturale originale.

I santuari rappresentano un’alternativa etica agli zoo tradizionali. Strutture come il Borneo Orangutan Survival Foundation, il Karisoke Research Center in Ruanda, o il lavoro svolto da associazioni come Animals Asia e Four Paws testimoniano che è possibile salvare gli animali da situazioni di prigionia e sfruttamento. Questi spazi sono meno invasivi, più rispettosi degli animali e permettono loro di vivere in condizioni di benessere.

 

Una società senza zoo è possibile?

Se fossimo pieno di santuari invece di zoo, con spazi dedicati al recupero, alla cura e alla salvaguardia degli animali, sarebbe un mondo più sostenibile ed etico? La risposta a questa domanda invita a riflettere sulla natura stessa del nostro rapporto con le altre specie e sul senso della libertà per gli animali. La scelta di dire no agli zoo non è una critica assoluta, ma un invito a ripensare il modo in cui interagiamo con la natura.

Scegliendo di investire in conservazione, educazione basata su esperienze autentiche e sostegno ai santuari, è possibile promuovere un approccio più consapevole, rispettoso e sostenibile verso il mondo naturale.