Kamchatka, il disastro ambientale di cui si parla poco
Un disastro ambientale? Probabile. Gli indizi ci sono tutti, anche se in queste settimane – nonostante gli appelli di Greenpeace Russia e di vari ecologisti – la vicenda non ha avuto l’eco che avrebbe. Parliamo, infatti, di un sito Unesco, patrimonio dell’umanità. Siamo nell’estremo oriente russo, sulla famosa spiaggia di Khalaktyrsky – penisola di Kamchatka – meta molto amata dai surfisti, da dove le immagini dei telegiornali raccontano di molluschi, ricci, stelle marine, polpi morti tra una schiuma giallastra e carcasse di rifiuti.
Sulle cause, ancora non ci sono certezze: il governatore della regione Vladimir Solodov ha dichiarato che non sono chiare, ma il ministro ad interim delle risorse naturali e dell’ecologia Aleksey Kumarkov ha ammesso che dai campioni d’acqua prelevati emerge un eccesso di prodotti petroliferi, quattro volte più alti dei limiti e 2,5 volte di fenolo e altre sostanze. Insomma, probabile ci sia stata una fuoriuscita di petrolio.
Tra i tanti dubbi, intanto, due certezze: il mal di testa, la febbre e la nausea delle persone dopo essere state in acqua e la morte, come si è scoperto dalle immersioni, del 95% degli animali marini della zona.
Dopo la costa occidentale degli Stati Uniti, l’Australia, l’Amazzonia e il paradiso terrestre delle isole Surin ecco un altro esempio di mondo che rischia grosso a causa dell’uomo. Speriamo non sia troppo tardi.