Campanile (CONOE): “Se il petrolio è l’oro nero, l’olio esausto è l’oro… giallo”
Il Presidente del Consorzio di raccolta e trattamento degli oli vegetali esausti racconta perché un rifiuto può trasformarsi in una risorsa e la sua esperienza.
“È stata un’esperienza molto impegnativa, e faticosa, ma al tempo stesso gratificante. Aver raggiunto una posizione importante nel settore dell’economia circolare e delle questioni ambientali è un grande risultato. Ed è merito di tutti quelli che ci lavorano. Il risultato più significativo? Aver valorizzato tutte le aziende della filiera iscritte al Consorzio, che hanno moltiplicato attività e fatturato.” Sono parole di Tommaso Campanile, da sei anni Presidente del CONOE, Consorzio che si occupa da tempo della raccolta e del trattamento degli oli e grassi vegetali ed animali esausti. Un’esperienza di successo, che corona una vita spesa nel mondo green. “Vengo dal mondo sindacale,” – ci spiega Campanile – “sono stato dirigente di una confederazione nazionale di categoria che si occupava di artigianato e piccole imprese. Avevo già un interesse personale per le politiche ambientali. Così, per conto dell’organizzazione, ho cercato di portare il mio contributo al fine di sviluppare la legislazione nazionale sul tema, per la costituzione dei consorzi che raccolgono e riciclano rifiuti: consorzi che oggi sono all’avanguardia nell’ambito dell’economia circolare.”
Presidente Campanile, potrebbe illustrare ai lettori l’attività del CONOE?
Il CONOE nasce in forza di una legge (il D.lgs. 22/97) per implementare la raccolta degli oli da frittura (ma anche derivanti da uso di sottoli), organizzare la raccolta e il riciclo di questo rifiuto. Al tempo questo rifiuto veniva disperso nell’ambiente provocando oltre all’inquinamento, problemi sanitari.
Che tipo di problemi sanitari provocava?
Quando non veniva gettato nell’ ambiente, veniva raccolto in maniera impropria e fatto rientrare nella catena alimentare. E ciò aveva ovvie conseguenze.
Che cosa si è detto quando è entrato nel Consorzio? C’è un traguardo raggiunto di cui è particolarmente orgoglioso? E uno che vorrebbe raggiungere?
La mia idea è sempre stata quella di sviluppare la raccolta degli oli: convincere 60 milioni di italiani a fare la raccolta, non solo per tutelare l’ambiente ma soprattutto per tramutare un rifiuto in un tesoro. Se il petrolio è l’oro nero, l’olio esausto può diventare l’oro giallo. Questo obiettivo è quello che stiamo realizzando. La cosa che ci dà più soddisfazione è che lì dove i comuni ci seguono nella raccolta e nelle nostre campagne di sensibilizzazione, questo sogno si realizza.
Le conseguenze del cattivo smaltimento
Come si è sviluppata nel corso degli anni l’attività del CONOE?
Il CONOE inizia la sua attività nel 1998. Per anni, la raccolta degli oli esausti proveniva soprattutto dalle attività professionali: in particolare, dalla ristorazione. Questa situazione si è protratta per anni, ma ha avuto una crescita significativa anche grazie alla legge che obbligava i produttori di oli esausti a conferirli al Consorzio. Il boom della raccolta degli oli professionali si è poi registrata in seguito a una direttiva comunitaria che promuoveva l’uso degli oli vegetali nella produzione dei biocarburanti: ciò ha permesso di dare un valore molto alto all’olio esausto, impattando sulla quantità della raccolta e del riciclo.
Qual è il percorso dell’olio, dopo la raccolta? Che uso se ne fa?
Fino al 2010 circa, l’olio raccolto veniva usato per produrre saponi, detergenti o cere. Con la direttiva che premiava l’uso dell’olio vegetale per additivare il gasolio e l’olio esausto da cucina per produrre il biodiesel, questa attività è diventata preponderante. Oggi, il 90% dell’olio che si raccoglie viene stoccato in appositi stabilimenti, dove viene in parte pulito dalle sostanze organiche e poi avviato alla rigenerazione. Il sistema di rigenerazione produce un sottoprodotto – un acido grasso – che viene riformulato nel famoso biodiesel.
Possiamo riassumere l’attività del CONOE in qualche numero?
Quando il CONOE è partito si poteva immaginare di raccogliere 15-20 mila tonnellate l’anno di olio esausto (quasi tutto proveniente dall’attività produttiva). Ora registriamo una raccolta che va oltre 100 mila tonnellate di olio esausto, ancora proveniente da attività professionali. Questo rappresenta solo 1/3 dell’olio potenzialmente raccoglibile, perché i 2/3 sono quelli prodotti dalle famiglie. Oggi dal domestico si raccolgono circa un migliaio di tonnellate delle 200 mila tonnellate potenziali.
Si parla spesso di transizione ecologica. A che punto siamo? Pensa che si stia raggiungendo un sufficiente livello di consapevolezza?
Sul tema, la sensibilità nel Paese è cresciuta molto, ma non c’è ancora una massa critica che spinga effettivamente il Parlamento ad adottare quelle misure reali e significative per realizzare quegli obiettivi individuati anche nel corso delle ultime COP. Stabilire, cioè, quelle tappe che entro il 2050 devono portare a una neutralità carbonica. La mia impressione è che bisogna ancora lavorare molto perché questa sensibilità e maturità siano diffuse tra i cittadini in modo da alzare l’asticella dei nostri comportamenti e spingere il Governo ad agire con misure speciali e a volte eccezionali.
La crisi energetica sta mettendo in luce quanto sia importante diversificare gli approvvigionamenti. Come vede la situazione da qui ai prossimi dieci anni?
La risposta non è facile, perché gli approvvigionamenti nei prossimi anni possono essere molto facilitati e, quindi, portare un minore carico economico nella misura in cui si sviluppano in maniera adeguata le energie rinnovabili: quindi, anche l’uso degli oli come fonte energetica. Se questo avverrà, l’Italia – e l’Europa intera – non avranno problemi. Qualora invece lo sviluppo delle rinnovabili e le politiche di efficienza energetica rimanessero latenti, penso che avremmo grandi problemi di approvvigionamento.
Che cosa possono fare i singoli cittadini per dare un contributo alla tutela dell’ambiente? C’è qualche gesto concreto nella vita di tutti i giorni a cui si pensa poco e che darebbe un contributo contro l’inquinamento?
Il primo contributo che si può dare con un comportamento virtuoso è quello di raccogliere gli oli esausti e conferirli al Consorzio. Deve crescere in ognuno di noi la sensibilità alla lotta dei cambiamenti climatici per proteggere non solo la vita futura dei nostri figli, ma la nostra stessa vita; ricordiamoci che l’inquinamento colpisce attraverso malattie e catastrofi anche chi vive oggi. Dobbiamo considerare la battaglia per l’ambiente come una specie di maratona.
In che senso?
Vede, io sono un grande appassionato di maratone. Si tratta – possiamo dire – del mio hobby più grande. E praticando questo sport ho capito una cosa su tutte: bisogna avere costanza e non lasciarsi scoraggiare dalla distanza che devi percorrere. Così è anche per la questione ambientale: è un lungo percorso, ci sono tante difficoltà e spesso si fatica a intravedere il traguardo. Ma devi andare avanti lo stesso.