Ecco la sfida dell’olio, la nuova energia. Raccogliamola
Può diventare la nuova energia. “L’oro giallo”. Almeno stando ai numeri, se si considera che in Italia il consumo medio è di 1,3 milioni di tonnellate. Parliamo di oli vegetali (semi e oliva).
Non a caso, Eni ha creato bioraffinerie che possono lavorare anche con i rifiuti di ristoranti e case. “Dal 2008 al 2015 in Europa sono state chiuse e trasformate in depositi 25 raffinerie, che richiedono solo il 10% dei lavoratori di un impianto produttivo. Eni nel 2014 ha trasformato la raffineria di Porto Marghera a Venezia in una bioraffineria, primo caso al mondo, e quest’anno raddoppieremo completando la realizzazione di quella di Gela”, ha spiega l’ingegner Giuseppe Ricci, chief refining and marketing officer di Eni, in un’intervista al Corriere della Sera.
Certo, non mancano i problemi. Su tutti, quello della raccolta. I ¾ dell’olio usato nelle cucine italiane vanno dispersi o finiscono nei lavandini con grave danno per l’ambiente e gli impianti di depurazione delle acque di scarico. Solo ¼, dunque, viene recuperato e portato nelle bioraffinerie per essere trasformato in biodiesel.
Uno spreco, soprattutto se si tengono in considerazione due fattori:
- Solo il 7% di biocarburanti può essere fatto con oli derivanti da colture alimentari (dal 2030 niente più olio di palma), mentre non possono essere usati gli oli minerali usati (quelli di auto e camion) perché impattanti a livello ambientale;
- L’Unione europea, lo scorso giugno, ha previsto che entro il 2030 le rinnovabili dovranno coprire il 32% dei consumi (la voce che riguarda i biocarburanti indica la quota del 14% di energie rinnovabili nei trasporti).
Dunque, la parola d’ordine è aumentare il riciclo dell’olio alimentare. Ecco perché il Conoe – il Consorzio nazionale raccolta e trattamento oli e grassi vegetali ed animali esausti – ha sottoscritto nel 2017 un accordo con Eni. Obiettivo: alimentare con l’olio le centrali di Marghera e Gela. “Nelle prossime settimane firmeremo un accordo con l’Anci, l’associazione dei Comuni italiani, per implementare la raccolta», prosegue Antonazzo. «Lo scorso anno il 90% della raccolta è diventato carburante green. Una buona pratica di vera economia circolare che, oltre ai benefici ambientali, implica anche importanti benefici economici. Da quando il Conoe è attivo si sono risparmiati circa 112 milioni di euro sulle importazioni di petrolio».
Non è tutto. Nel 2018, il Conoe conta di raccogliere 75 mila tonnellate: si stima che ogni famiglia italiana produca in media 3 litri all’anno di olio esausto da cottura, frittura o conservazione dei cibi (sottoli, tonno, ecc.) per un totale di 280 mila tonnellate. La sfida è lanciata. Raccogliamola.