Il termovalorizzatore di Parma e i limiti alle emissioni
Termovalorizzatore. Basta la parola per dividere, per creare divisioni. C’è chi lo ritiene tra i migliori modi possibili per smaltire i rifiuti e chi lo vede (è il caso di dirlo) col “fumo negli occhi”. C’è poi la questione dei limiti di emissione. Il termovalorizzatore di Parma è stato oggetto di polemiche. Alla fine la Regione Emilia-Romagna, Comune di Parma e Iren Ambiente hanno siglato un nuovo accordo (il precedente, siglato nel 2016, era scaduto lo scorso 1° luglio): come riporta parma.repubblica.it “fino al 2020 l’impianto di Ugozzolo continuerà a trattare rifiuti urbani fino a un massimo di 130 mila tonnellate l’anno”. Con una sola eccezione: “per ragioni di solidarietà, in caso di “soccorso” ad altri territori extraregionali meno virtuosi e interessati da situazioni di emergenza. Un’opzione possibile solo a fronte dell’ok all’accoglimento dei rifiuti da parte della Giunta dell’Emilia-Romagna.”
Federico Pizzarotti, e l’assessore comunale all’Ambiente, Tiziana Benassi si sono dichiarati soddisfatti e annunciano l’intenzione di raggiungere ’80% della raccolta differenziata, facendo di Parma un laboratorio nazionale di un’economica circolare e sostenibile.
Tutti contenti? Non proprio. Il tema continua a dividere. C’è chi continua a vedere il termovalorizzatore come una soluzione pericolosa per la salute e chi, al contrario, una soluzione quasi obbligata. Tra quest’ultimi, il giornalista Nicola Porro, il quale, nel corso della sua rassegna stampa quotidiana, era intervenuto sul termovalorizzatore e sui limiti emissivi.