Microplastiche nei prodotti cosmetici: ecco in quali prodotti si trovano
Un recente report di Greenpeace rivela la presenza di microplastiche in diversi prodotti di make-up. Dove si trovano e cosa prevede la normativa.
Saponi, creme, gel, dentifrici, make-up: sono tantissimi i prodotti in commercio che contengono al proprio interno frammenti o sfere di plastica di dimensione inferiori a 5 millimetri. L’industria cosmetica, per esempio, ha utilizzato le microplastiche come agente esfoliante o additivo in diversi prodotti di uso quotidiano per controllare lo spessore, l’aspetto e la stabilità.
Cosa sono le microplastiche?
Le microplastiche, secondo la definizione più comunemente accettata, sono “particelle solide estremamente piccole composte da miscele di polimeri”. Queste particelle possono essere intenzionalmente prodotte di questa dimensione, e in questo caso parliamo di microplastiche primarie, come avviene nel caso di quelle contenute nelle formulazioni cosmetiche; mentre nel caso in cui queste particelle si formino in seguito a processi degradativi (chimici, fisici o microbiologici) parliamo di microplastiche secondarie.
Cosmesi e make-up
Con oltre 7 miliardi di euro di fatturato per i consumi interni e più di 4 con l’esportazione, l’industria della cosmetica e del make-up in Italia è un settore produttivo rilevante. Circa il 65% della produzione europea è prodotto dalle imprese del cosiddetto “quadrilatero della cosmetica” Milano, Brianza, Bergamo e Crema, che ne fanno uno dei settori più importanti del Made in Italy: producendo per i grandi marchi del beauty, da Estée Lauder a Dior, Chanel fino a Lancôme ed Helena Rubinstein, solo per citarne alcuni.
Secondo le stime di Cosmetica Italia, ognuno di noi utilizza in media, quotidianamente, almeno 8 prodotti cosmetici. Nel 2020, complice la pandemia e il lockdown, c’è stato un aumento del 40% degli acquisti online di prodotti cosmetici.
Un recente report di Greenpeace rivela, però, la presenza di microplastiche nei prodotti di noti marchi di make-up.
Rossetti, lucidalabbra, mascara, cipria e fondotinta, ovvero i prodotti più comuni per il make-up, che entrano in contatto con occhi e bocca, contengono ingredienti in plastica. É questo quanto emerge dal rapporto di Greenpeace “Il trucco c’è ma non si vede” . L’analisi comparativa, condotta sia attraverso la lettura delle liste degli ingredienti, sia attraverso indagini di laboratorio, ha permesso di rilevare la presenza di questi materiali nei trucchi di 11 marchi: Bionike, Deborah, Kiko, Lancôme, Lush, Maybelline, Nyx, Pupa, Purobio, Sephora e Wycon. Si tratta di tipologie di prodotti non interessati dal divieto d’uso di microplastiche in vigore in Italia dall’inizio del 2020. Stupisce che le aziende, in assenza di una regolamentazione, continuino a utilizzarle in numerosi prodotti pur essendo consapevoli che il destino della quasi totalità di queste particelle, dopo l’uso, è quello di contaminare l’ambiente e le specie animali e vegetali marine finendo nella nostra catena alimentare.
Destreggiarsi nella scelta dei prodotti per make-up, già disponibili sul mercato, privi di ingredienti in plastica è davvero arduo. Per una scelta più consapevole, Greenpeace ha reso disponibile una guida.
Per i più tecnologici, è possibile scaricare un’app “Beat the microbreads”, per scansionare i prodotti e scoprire l’eventuale presenza di microplastiche.
Per i meno tecnologici è sufficiente leggere INCI e verificare se il prodotto è stato realizzato con polietilene (PE), polimetilmetacrilato (PMMA), nylon, polietilene tereftalato (PET) e polipropilene (PP).
Cosa si sta facendo contro le microplastiche?
Conclusioni
Negli ultimi mesi, si è registrato un consistente aumento di aziende del beauty che realizzano bilanci di sostenibilità che promuovono attraverso iniziative di comunicazione e condivisione. Il fenomeno in buona parte è da attribuirsi alle direttive europee e nazionali sempre più vincolanti ed in parte ad una richiesta dei consumatori (il 63% ritiene che la sostenibilità dei prodotti cosmetici è un requisito fondamentale). Tutto ciò ha indotto il settore cosmetico ad interrogarsi sul proprio ruolo e le proprie responsabilità ambientali e sociali.
Le aziende cosmetiche si sono spesso distinte per la capacità di adattamento tramutando limitazioni in nuove opportunità commerciali grazie al marketing e importanti investimenti in ricerca e sviluppo. Grazie alle aziende di materie prime sono già disponibili numerose alternative, ognuna con i propri pregi e difetti. Non è da escludersi uno spostamento del beauty globale verso una identità più responsabile che richiederà un innalzamento della qualità dei prodotti, portando alla progressiva esclusione delle filiere produttive low cost dal mercato. In questo contesto, le aziende di cosmesi italiane possono giocare un ruolo chiave.