Allarme decarbonizzazione: l’Italia è indietro
Il Bel Paese è in ritardo sulla transizione energetica. E le cause non sono economiche o tecnologiche…
Un piano di transizione energetica verso una produzione di energia più sostenibile? In Italia manca. Un allarme, quello lanciato da sono associazioni ambientalistiche quali WWF, Greenpeace, Legambiente, Kyoto Club e Transport & Environment, che vuol essere uno stimolo per il governo Draghi alle prese con la definizione di un Piano di rilancio decisivo per il futuro del Paese. Il rischio, infatti, è di perdere occasioni importanti anche da un punto di vista economico, visto che in ballo ci sono migliaia potenziali nuovi posti di lavoro.
I numeri parlano chiaro. Per raggiungere gli obiettivi Ue servirebbero circa 6000 mw l’anno e invece, al momento, ne stiamo installando appena 1000 mw.
Le cause? Non economiche o tecnologiche, ma – come detto – legate all’assenza di un vero piano di decarbonizzazione che coordini i campi di intervento e che riduca gli ostacoli burocratici per autorizzare nuovi impianti rinnovabili.
“Le procedure autorizzative sono talmente farraginose che dal momento in cui l’imprenditore decide di installare un impianto rinnovabile possono passare anche cinque anni”, ha dichiarato Francesco Ferrante, Vicepresidente di Kyoto Club, ai microfoni di TGR Leonardo. Questo, determina un aumento dei costi e uno scoraggiamento dell’iniziativa privata. Servono nuove procedure organizzative”.
Per far comprendere meglio le conseguenze pratiche, Ferrante porta un esempio recentissimo: “Poche settimane fa si sono svolte delle aste per l’installazione di impianti rinnovabili”, aggiunge In Spagna la richiesta è stata superiore di 3 volte rispetto al contingente messo all’asta in Italia, e di conseguenza i prezzi si sono ribassati. Nel nostro Paese, invece, non si è nemmeno raggiunta la quantità messa all’asta, e si installerà meno potenza rispetto alla Spagna”.
Il messaggio è chiaro: Servono nuove procedure organizzative. Altrimenti, addio transizione energetica…