Toscana, 3 perplessità sul Piano rifiuti senza termovalorizzatori
Produrre energia da rifiuti non riciclabili è fondamentale per chiudere il cerchio dell’economia circolare. Per questo, rinunciare a impianti sicuri è un grave errore.
Negli stessi giorni in cui Draghi presentava alla Camera dei deputati il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – il documento con cui il governo spiega come intende spendere i finanziamenti che arriveranno dall’Unione Europea tramite il Recovery Fund – anche la Toscana era alle prese con un documento decisivo per il proprio futuro: il nuovo Piano rifiuti.
Il trattamento dei rifiuti solidi urbani e quelli speciali, infatti, è questione decisiva per ambiente, cittadini e imprese. “La sfida da vincere in Toscana e rappresentata dall’adozione del nuovo piano dei rifiuti che favorisca la sostenibilità ambientale, attraverso vere e proprie filiere di economia circolare”, ha spiegato l’assessora aII’Ambiente Monia Monni (il Piano rifiuti è di competenza regionale). “L’idea è di individuare i fabbisogni del tessuto produttivo, creando per-corsi che camminino su binari definiti e certi affinché i distretti possano trovare soluzioni corrette per collocare propri scarti, stimolandoli ad un salto di qualità sulla sostenibilità dei propri processi».
Tempi d’approvazione: 18-24 mesi con undici tavoli aperti solo per i rifiuti speciali.
Gli obiettivi del Piano rifiuti, dunque, sono chiari: ridurre la produzione dei rifiuti, incentivare il riuso, centrare gli obiettivi comunitari di riciclo di materia (55% nel 2025 e 60% nel 2030) e colmare il gap impiantistico assicurando il sempre minor ricorso alle discariche.
Meno gli strumenti per raggiungerli. I termovalorizzatori, ad esempio, paiono fuori dalla strategia, visto che la Monni parla di “set impiantistico articolato che aumenti in maniera significativa il riciclo di materia, ma che assicuri anche la chiusura del ciclo dei rifiuti nell’ottica del minor impatto possibile in termini di produzione di anidride carbonica e altre emissioni”.
Ed ecco il punto cruciale della vicenda e, più in generale, della situazione gli impianti. Sì, perché se ancora una volta si rinuncia (per motivi ideologici) al ricorso ad impianti moderni di termovalorizzazione in linea con gli standard europei, difficile immaginare la risoluzione del problema dello smaltimento dei rifiuti speciali e anche di quelli urbani. Manca e mancherà sempre un tassello.
Non a caso, l’indomani della presentazione della bozza del piano rifiuti, Confindustria Toscana Nord si è dichiarata concorde su obiettivi e strategie, ma non sulle modalità. Rinunciare ai termovalorizzatori, infatti, sarebbe un errore per tre motivi:
1. Allo stato attuale delle tecnologie, la soluzione termovalorizzazione è l’unica che consente, in linea con i principi dell’economia circolare sanciti anche dalle direttive ufficiali dell’Ue, il recupero di energia per la parte di materia non recuperabile come tale. Il riciclo è fondamentale, ma non chiude il cerchio: se anche si raggiungessero le percentuali di riciclo (nel 2025 dovremo arrivare al 55% e nel 2030 al 60%) rimarrebbe la questione di cosa fare della materia non riciclabile.
2. Gli impianti alternativi di cui fa cenno l’assessora non sono specificati e, forse, non esistono. Il risultato sarebbe ancora una volta quello di rinviare soluzione al problema dello smaltimento dei rifiuti, perpetuando il ricorso, più o meno surrettizio, alle discariche, con i relativi pericoli di coinvolgimenti criminali di cui sono piene le cronache anche recenti.
3. L’insufficienza impiantistica costringe le imprese a dover esportare i propri rifiuti all’estero, con aggravio di costi che, soprattutto alla luce della crisi innescata dalla pandemia, saranno sempre meno sostenibili. Senza contare che la necessità di smaltire i rifiuti può volere dire anche affidarsi a intermediari non affidabili o addirittura alla criminalità organizzata.
Difficile non condividere le perplessità dell’associazione confindustriale. In un’intervista di qualche tempo fa, Riccardo Viselli (autore di un compendio divulgativo proprio sull’economia circolare) spiegava bene il ruolo dei termovalorizzatori nella piramide dei rifiuti e della stessa economia circolare. “Non recuperare energeticamente un materiale non riciclabile, vuol dire fallire negli obiettivi proprio dell’economia circolare, perché si attua uno spreco: energia finita in discarica”.
Come dargli torto?