Da luglio stop alla plastica monouso. In Italia, però, alcuni divieti fanno discutere…
Da sabato 3 luglio è scattato lo stop alle plastiche più inquinanti. Ecco quali prodotti sono ora banditi…
Da sabato 3 luglio, è vietata la plastica monouso in tutta l’Unione Europea. Una decisone presa da Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea nel giugno 2019 per prevenire e ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente – in particolare l’quello acquatico – e sulla salute umana.
La situazione dei mari, infatti, è particolarmente delicata. Greenpeace, scandagliando il Mare Adriatico, ha trovato ben 52 oggetti di plastica per chilometro quadrato rifiuti (tant’è che a essere minacciate sono persino le riserve che sembravano incontaminate), mentre un recente rapporto stima che, nel solo mare Mediterraneo, si siano accumulate un milione 178mila tonnellate di plastica. L’istituto universitario a stelle strisce John Hopkins, poi, ha evidenziato come le micro particelle di plastica nelle acque ingerite dai pesci finiscono poi sulle nostre tavole, fiaccando il nostro sistema immunitario.
Oggetti banditi
Plastica, dunque, da bandire o limitare. Ma, in particolare, quali oggetti sono ora vietati in base alla direttiva Ue? Quelli più inquinanti. In pratica, semaforo rosso per piatti, posate, cotton fioc, palette da cocktail, bastoncini per palloni gonfiabili e contenitori in polistirolo per alimenti e bevande per i bicchieri. I negozi potranno continuare a venderli fino ad esaurire le scorte, dopodiché saranno proibiti del tutto. Semaforo verde, invece, per la produzione e vendita di bottiglie per acqua e bibite, flaconi di detergenti e detersivi, scatolette e buste per i cibi. Per i bicchieri di plastica, infine, c’è solo l’invito a ridurre il consumo.
Proteste
Tutti contenti? Non proprio. Tra Italia e Commissione europea i contenziosi non mancano. Uno, ad esempio, riguarda il fatto che la direttiva Sup (Single use plastics) mette sullo stesso piano oggetti in plastica tradizionale (prodotti col petrolio e non biodegradabili) e oggetti in plastica bio (prodotti con materie prime naturali e, al contrario, biodegradabili). Una mancata distinzione che penalizza un settore dell’industria italiana particolarmente forte. Non a caso la legge italiana 53/2021, che ha recepito la direttiva europea, ha escluso dal divieto tutte le plastiche usa e getta compostabili. Oltre al ministro per la transizione ecologica Cingolani, anche Confindustria, con il suo presidente Carlo Bonomi, ha espresso preoccupazione per linee guida penalizzanti la forte filiera di stoviglie biodegradabili e quella dei produttori di bevande analcoliche (a propsoito di quest’ultima, il nostro Paese detiene il 60 per cento del mercato usa e getta con 280 aziende e un fatturato annuo superiore agli 800 milioni di euro).
Si apre così una grande sfida ambientale dei nostri tempi: da una parte, fare un distinguo tra i tipi di plastica; dall’altra, abbracciare un cambiamento culturale che rinunci alla plastica, ma al tempo stesso guardi al passato recuperando buone pratiche quali detersivi alla spina, borracce, imballaggi in carta o bioplastiche.
Non sarà facile, ma un passo – in un sabato di luglio post pandemia – è stato fatto.