È più facile dire No che trovare soluzioni
Non hanno la verità in tasca e non pretendono di averla. E non è poco in quest’epoca, nella quale urlare le proprie convinzioni e tapparsi le orecchie dinanzi a quelle altrui va tanto di moda. Soprattutto sul web e sui social. Parliamo di Andrea, Gabriele, Rossano, Cesare e Massimiliano, dipendenti di Kme che da qualche mese hanno dato vita al gruppo facebook No al no a prescindere. L’idea di base è semplice: fare da controcanto a chi strumentalizza o demonizza il pirogassificatore, il progetto di Kme. Per capire meglio le loro ragioni, li abbiamo incontrati in un soleggiato pomeriggio di febbraio.
No al no a prescindere. Perché questo nome e questo gruppo?
Perché a un certo punto ci siamo stufati delle posizioni ostruzionistiche e strumentali sul progetto. La sensazione, anzi la convinzione, è che per una serie di motivi lo si voglia demonizzare. Ecco, noi non ci stiamo a questo gioco. E non siamo nemmeno favorevoli a prescindere. Semplicemente, consideriamo il pirogassificatore un’opportunità sulla quale vorremmo un dibattito quanto più lucido possibile, basato su dati scientifici, secondo le procedure previste.
Un breve riassunto delle precedenti puntate per quelli che non hanno seguito la vicenda…
Sì, parliamo del progetto di Kme nato dall’esigenza di investire su forni fusori elettrici con basso impatto ambientale rispetto a quelli precedenti, ma che hanno bisogno di un grande quantitativo d’energia elettrica. E qui entra in gioco il pirogassificatore: questo impianto permetterebbe all’azienda di autoprodurre energia, abbattendo i costi. Ma non è tutto. Il progetto è un esempio di economia circolare, perché risolverebbe il problema delle cartiere…
Le cartiere?
Sì, le aziende del distretto cartario di Lucca producono pulper e altri scarti che spesso sono smaltiti fuori regione con aggravio di costi non indifferente. Visto il loro potenziale energetico, potrebbero invece essere usati per alimentare il pirogassificatore. Sarebbe per tutti un vantaggio: le imprese ridurrebbero i costi di smaltimento e KME quelli di approvvigionamento energetico.
E con le emissioni come la mettiamo?
Pare che la tecnologia del nuovo impianto sia in grado di garantire emissioni inferiori a quelle degli attuali forni. Se poi questa previsione aziendale dovesse essere smentita dagli enti competenti, come non detto. Noi non indossiamo nessuna casacca.
Qualcuno dirà che siete poco obiettivi perché siete tutti dipendenti di Kme.
Forse. Ma è vero pure il contrario: essere dipendenti e viverla dall’interno ci ha dato la spinta ad approfondire una questione piuttosto complessa, che magari avremmo snobbato se non ci avesse riguardato direttamente. Sbaglia chi pensa che barattiamo un posto di lavoro per la salute nostra e dei nostri famigliari.
Né Sì né No. E allora come la mettiamo?
La mettiamo semplice: enti preposti e comunità prendano in considerazione il progetto. Se poi non dovessero esserci le condizioni ambientali, amen. Quello che chiediamo è che una valutazione sia fatta alla fine e non a monte. Ma soprattutto sia fatta nelle sedi opportune e non sui social per un pugno di voti.
In effetti, messa così, il ragionamento dovrebbe mettere d’accordo un po’ tutti.
Be’, a noi sembra una posizione di buon senso.
Eppure non tutti sono d’accordo…
E non è nemmeno difficile capire il perché. A maggio ci saranno le elezioni comunali. Così i comitati e alcune formazioni politiche stanno cavalcando il tema e la paura.
Tra le vostre proposte c’è quella di un Comitato di controllo…
Non vogliamo limitarci a dire no o sì e, così, abbiamo fatto una proposta: un Comitato di controllo composto da cittadini e riconosciuto dalle istituzioni per monitorare il rispetto degli standard di sicurezza ambientale. Sarebbe un’operazione utile e trasparente.
Idea buona, ma nel concreto?
Nel concreto il comitato potrebbe chiedere una verifica delle emissioni in concomitanza con i campionamenti e potrebbe suggerire dei paletti, come il fatto che l’impianto funzioni soltanto con la produzione. In questo modo si favorirebbe la coesione della comunità e si esorcizzerebbe la paura. Da molti mesi, infatti, la gente viene terrorizzata sulle emissioni degli inceneritori da persone che si spacciano per ambientalisti, ma che si guardano bene dall’affrontare il problema dei rifiuti nella sua complessità. A tal proposito, interessante il fenomeno dell’ambientalismo a targhe alterne: non abbiamo visto in passato tanto fermento su progetti che hanno avuto impatti ambientali importanti sul nostro territorio.
Secondo voi, la mancata autorizzazione dell’impianto avrebbe una ricaduta significativa sull’occupazione e sull’economia della Valle del Serchio?
Non abbiamo la sfera di cristallo. È immaginabile che, in caso di esito negativo al progetto, Kme cercherà soluzioni alternative. Ma è altrettanto ipotizzabile che i livelli occupazionali potrebbero risentirne. Senza dimenticare le imprese del distretto cartario. Anche loro ne pagherebbero le conseguenze in caso di bocciatura.
È il tempo dei saluti. Per i ragazzi, dopo una giornata di lavoro, è tempo di tornare a casa. Su questo c’è da credergli: non baratterebbero il posto di lavoro per la salute dei loro cari.