È tempo di un nuovo ambientalismo?
Un nuovo ambientalismo, che non si limiti a dire solo “no”: ecco il tema del libro di Vincenzo Sepe. La recensione di Azzurra Noemi Barbuto su Libero del 20 settembre 2018
No-Tav, No-Tap, No-Ponte, e chi più ne ha più ne metta. Ormai la tutela dell’ambiente è diventata una scusa a volte addirittura ridicola oltre che fuori luogo, per bloccare lo sviluppo, come se il progresso fosse l’origine di ogni male sia per il pianeta boccheggiante che per l’essere umano, suo torturatore indefesso. Viviamo nell’epoca dei “no” categorici e dell’ambientalismo sfrenato, ideologico e sempre più irrazionale, ripiegato su posizioni estremistiche che non è disposto a negoziare a nessun costo.
Tenta di scardinarlo mettendone in luce limiti ed errati assunti di base Vincenzo Pepe, fondatore del movimento ecologista europeo “FareAmbiente”, autore del libro Pensare il futuro, dare vita ad un nuovo modello di ambientalismo, edito da Cairo (pp. 284, euro 16). Pepe sottolinea come l’ambientalismo ideologizzato, che si propone di sostenere e favorire la qualità della vita in realtà vorrebbe che l’attività dell’uomo, indicato come nemico giurato della natura, si arresti immediatamente alfine di evitare la distruzione totale della Terra e che tutti torniamo indietro di qualche secolo, se non addirittura di un millennio.
Proposito folle, condannato dall’autore, che peraltro è docente oltre che di diritto costituzionale comparato anche di diritto dell’ambiente presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Pepe ritiene che solo mediante il progresso l’ambiente naturale possa essere salvaguardato. Si tratta dunque di un approccio nuovo al tema. Non è vero che la natura è vittima di ogni minima azione ed intrusione dell’uomo, poiché gli equilibri naturali mutano senza che noi ne siamo responsabili, insomma, non è sempre colpa nostra. Dunque, anche se noi ci asteniamo dal compiere qualsiasi azione che possa disturbare l’equilibrio dell’ecosistema, quest’ultimo si modificherebbe comunque da sé.
La conservazione? È innaturale
Ecco perché l’obiettivo della staticità assoluta proposto dal vecchio ambientalismo è impossibile persino per l’ambiente stesso. La conservazione è innaturale. La Natura è in divenire continuo, a prescindere dall’intervento umano.
Da qui nasce l’esigenza, a giudizio di Pepe, di dare vita, abbandonando gli inutili conflitti ideologici, ad una nuova concezione di ambientalismo, caratterizzato stavolta dal buonsenso. Al centro dell’ecosistema globale deve essere messo l’essere umano, in tal senso l’autore parla di “rivoluzione copernicana”.
La parola chiave di codesta operazione è “responsabilizzazione”: sia nel dovere di progredire sia nella protezione del nostro patrimonio naturale, che deve essere salvaguardato per i nostri discendenti. Per rendere i giovani consapevoli dei diritti e dei doveri che hanno nei confronti della natura sarebbe indispensabile, secondo l’autore, che l’educazione ambientale venisse insegnata nelle scuole.
Cittadini e salute
«Nella visione dell’ambientalismo ragionevole occorre proporre una sensibilità spiccata verso la tutela della salute dei cittadini, senza per questo demonizzare prodotti, strumenti, tecnologie che ogni giorno ci aiutano a vivere meglio», scrive il docente. Si tratta di un invito alla ragionevolezza. Siccome non possiamo arenarci e tornare indietro, tanto vale andare avanti, ma con coscienza. Con i “no” non si cresce e non si fa del bene né alle future generazioni né alla Terra. Il “no” di solito è la posizione di coloro che si oppongono per partito preso o per timore di sbagliare, o solo per bastian contrario. «L’ambientalismo ragionevole non pone diktat e divieti nei confronti delle infrastrutture, delle grandi opere come delle piccole. Ponti, strade, metropolitane, ferrovie, dighe, così come la diffusione delle autostrade telematiche sono tutte opere indispensabili, la vera sfida sarà realizzarle con criteri di sostenibilità e utilità», continua Pepe, che mira ad abbattere il muro di paura e di immobilismo che ci separa da un domani più prospero. Ciò a cui dobbiamo dire “no” sono le prese di posizione ideologiche preventive, non il progresso umano.
Il futuro, quell’avvenire a cui andiamo inesorabilmente incontro eppure al quale non pensiamo più e che in parte abbiamo smesso di costruire, deve essere edificato puntando sulla crescita, sull’innovazione, sulla tecnologica, valorizzando altresì le risorse locali e le identità territoriali. Poiché lo sviluppo e la tutela ambientale non sono scelte opposte né un aut-aut, bensì costituiscono un unico percorso che ci conduce verso un mondo migliore.