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Fonderie ed economia circolare, la “strana” coppia

Settembre 20, 2018 By

A differenza di quello che si può pensare le fonderie non sono un’industria dal forte impatto ambientale. Forse un tempo. Da qualche tempo, infatti, fonderie ed economia circolare giocano la stessa partita. O meglio, giocano con la stessa maglia. A raccontarci il match della sostenibilità è il primo Rapporto di Sostenibilità del comparto, a cura di Assofond, l’Associazione Italiana Fonderie.

Una buona notizia, dunque, visto che il processo di fusione dei metalli è impegato per produrre molti oggetti che fanno parte della nostra quotidianità (dischi freno delle auto, fontane, mobili da giardino, panchine, accessori camini, illuminazione esterna, componenti motori a scoppio ecc).

Ma veniamo ai numeri del rapporto, partendo da quelli che fotografano la portata del comparto.

30.000 le persone impiegate nelle oltre 1.000 fonderie presenti nella penisola (l’80% hanno sede nelle regioni del Nord).

7 i miliardi di euro il fatturato di questo settore ad alta vocazione export (il 64% del fatturato è legato a rapporti commerciali con l’estero)

E veniamo ai dati più significativi in tema d’impatto ambientale.

95% gli scarti reimpiegati come materia prima, in sostituzione di sabbie e terre provenienti da materie estrattive.

28,5% la percentuale degli investimenti totali che le fonderie hanno dedicato alla difesa dell’ambiente (la media del manufatturiero è del 2%, dato del 2015)

-65% le emissioni di polveri nell’atmosfera dal 2003 al 2015

-26,6% la produzione di rifiuti per tonnellata di getti prodotti dal 2003 al 2015

Fonderie ed economia circolare? No, nessuno ossimoro. Certo, non mancano difficoltà, come ha spiegato il presidente di Assofond Roberto Ariotti: “Siamo consapevoli che la strada da percorrere sia ancora lunga ma il nostro impegno prosegue. In quest’ottica, insieme ad altre associazioni e imprese rappresentative di altri settori produttivi, abbiamo aderito al progetto Effige, finanziato dall’Unione Europea, che ha l’obiettivo di introdurre il metodo PEF (Product Environmental Footprint) all’interno delle nostre aziende. In questo modo puntiamo a individuare un sistema di calcolo dell’impronta ambientale dei nostri prodotti lungo il loro intero ciclo di vita e a implementare soluzioni in grado di ridurla ulteriormente”.

Insomma, da qualche anno, trend e sensibilità sono cambiati. E nemmeno poco.