Copenhill, i 5 segreti del successo
Parlare dei rifiuti non è facile. Soprattutto in Italia. Nel momento in cui si avvia un dibattito sulla loro gestione o smaltimento, infatti, la reazione nell’opinione pubblica è spesso di chiusura, sebbene qualcosa negli ultimi tempi stia cambiando.
I motivi? Come emerge dal recentissimo rapporto “Acqua, rifiuti e bias cognitivi: l’informazione al tempo delle fake-news e del Covid-19” del Laboratorio Ref Ricerche, ci sono due tipi di reazioni: una repulsiva nei confronti di qualcosa di “inequivocabilmente schifoso”; l’altra ideologica verso ciò che si considera fonte di inquinamento odoroso e atmosferico di cui liberarsi immediatamente.
Su quest’ultima pesano tanto posizioni strumentali dei gruppi di pressione e di certa politica. Il risultato è che in Italia ci sono pochi impianti con rifiuti che, nella maggior parte casi, vengono portati fuori regione o all’estero (con costi a carico dei cittadini) e, in alcuni casi, rimangono addirittura a marcire per giorni in strada. Insomma, un Paese bloccato, vittima di bias cognitivi, con una situazione che si potrebbe ulteriormente complicare per via dell’emergenza Covid.
Rifiuti in Italia, i numeri
Eppure, come raccontato in altre occasioni, in molti Paesi europei lo smaltimento dei rifiuti e il ricorso ai termovalorizzatori non solo non è un tabù, ma addirittura un’opportunità. Il caso più noto è quello del termovalorizzatore di Copenhill. Costruito al centro di Copenaghen, l’impianto oltre a fornire elettricità a circa 70.000 persone e calore a 120.000 abitazioni, rappresenta un’opportunità per i cittadini della capitale danese. Il 14% che in precedenza era costretta d andare all’estero per sciare ora può farlo gratuitamente sul tetto dell’impianto, mentre il resto della popolazione può godersi, davanti a una bevanda calda, uno del panorami più belli della città.
Guardare per credere…