La macchina che trasforma gli scarti in bottiglie e quell’ostacolo della legge italiana…
Si chiama Xtreme Renew e trasforma la plastica riciclata in nuove bottiglie Pet. Sì, tutto vero. Una tecnologia italiana unica al mondo. In pratica, si mette la plastica usata (e finita nei bidoni del riciclo) in un macchinario ed ecco uscire una bottiglia tutta nuova. Pronta per essere riempita con acqua, succhi di frutta o altre bevande.
Un sogno, una magia o, meglio dire, un concreto esempio di economia circolare, capace di chiudere in maniera virtuosa il ciclo della plastica.
A realizzarla la Sipa, azienda del Gruppo Zoppas Industries, che opera nel settore dei sistemi per la produzione di contenitori di plastica in PET. Una rivoluzione che ha avuto riscontri sul mercato (nei mesi scorsi, una prima linea di imbottigliamenti ha ricevuto ordini da Brasile, Giappone e Medio Oriente) ma che soprattutto può cambiare la produzione industriale del nostro Paese e non solo. Con un impatto ambientale non indifferente. La macchina che trasforma la plastica nuova in plastica vecchia, infatti, consente un risparmio di emissioni dell’80% rispetto all’uso di Pet vergine. Mica poco!
C’è un però. Ed è di natura normativa. La legge italiana prevede che per imballaggi alimentari non si possa superare il 50% di materiale riciclato.
Il motivo? Senza tanti giri il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, in occasione di una recente visita alla sede della Sipa, ha spiegato: “Il principale nemico di questa modifica normativa è il settore industriale che produce Pet da materia vergine (cioè da petrolio). Se si aumenta il Pet ricilato, si venderà meno Pet vergine. Questo passaggio, però, è necessario per ridurre l’uso delle fonti fossili. La possibilità di usare plastica riciclata dovrebbe raggiungere il 100%, come in altri Paesi del mondo. L’obiettivo, infatti, dev’essere quello di ridurre il ricorso al Pet vergine a favore di quello riciclato”.
Difficile dargli torto. Del resto, meno materia prima vuol dire meno sprechi. E i circa 8 milioni di tonnellate di plastica che finiscono ogni anno negli oceani (e che si stima arrivino oggi a un totale di circa 150 milioni) sono lì a ricordarci che intervenire nei processi di riduzione della plastica è un impegno sociale e ambientale che le aziende devono prendere in carico.