La seconda vita del carciofo
Una bioplastica ottenuta dagli scarti delle verdure. L’idea del team di ricerca Smart Materials dell’IIT di Genova raccontata da Paola D’Amico sul Corriere della Sera del 10 aprile 2018
La seconda vita del carciofo è diventare plastica biodegradabile. Da usare come imballo, rigorosamente è ecosostenibile, per frutta e verdura. A trovare il modo di smontare gli scarti dell’ortaggio, quasi fossero mattoncini di Lego, e ricomporli mimando la struttura di un polimero sintetico, è stato il team di ricerca Smart Materials dell’IlT, l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, guidato da Athanassia Athanassiou.
Trenta giovani scienziati (età media 34 anni), provenienti da 55 paesi del Mondo, e dalle competenze più disparate – dalla fisica alla bioingegneria – «giocando» a disfare e ricomporre la materia hanno dimostrato che il processo di conversione totale dell’ortaggio di scarto in bioplastiche è fattibile, che è un processo semplice e dunque replicabile a costi contenuti. Hanno all’attivo più d’un brevetto e sviluppato le tecnologie per passare dal laboratorio alla vita di tutti i giorni.
Non resta che trovare chi investa nella industrializzazione del processo. Così che un domani smaltire l’umido non sia più un costo per il cittadino ma un vantaggio per il pianeta. «Con gli scarti di carciofo abbiamo iniziato a lavorare quattro anni fa – spiega Giovanni Perotto, uno dei fisici del team – Siamo partiti dalla plastica, che è fatta da macromolecole derivate dal petrolio. Un materiale che ha tutte le caratteristiche del successo: funziona bene, costa poco, dura all’infinito».
Le macromolecole sono democratiche, smontate e rimaneggiate continueranno a comportarsi bene. Ma mentre produrne di nuova è economicamente conveniente, riciclare la plastica è un processo costoso. Il team ha così deciso di prendere «tutte le macromolecole naturali – aggiunge il ricercatore – che si trovano negli scarti e che nella parte cellulare del carciofo, per esempio, stanno tutte in ordine, smontarle e rimontarle. La gente continuerà a mangiare arance e carciofi nei prossimi decenni e a produrre scarti. Invece di fare compost abbiamo così prodotto bioplastica».
Il carciofo così rimaneggiato diventa l’imballaggio per sostituire, intanto, il tradizionale «alveolo» delle cassette di frutta e verdura. I prototipi sono già diventati parte di un progetto di economia circolare. Il prodotto finale uscito dal laboratorio viene riutilizzato dai grossisti del mercato all’ingrosso di Genova che hanno fornito la materia prima di partenza.
Il problema dell’inquinamento causato dalla plastica è al centro dell’attenzione dei governi mondiali. Ogni anno solo in Europa si producono 25,8 milioni di tonnellate di spazzatura plastica, di cui un terzo finisce in discarica. La plastica di uso quotidiano, una volta esaurito il suo compito, finisce spesso negli oceani: oltre 8 milioni di tonnellate a livello globale ogni anno. Una vera emergenza che anche il programma per l’ambiente delle Nazioni Unite sta tentando di arginare. «In natura le macromolecole sintetiche della plastica non sono presenti – conclude Perotto -, e per questo la natura non è ancora riuscita a chiudere il ciclo, a demolirla e reintegrarla».
Uno studio dell’ente australiano di ricerca Csiro sull’impatto dell’inquinamento del mare sulla fauna, evidenzia che entro il 2050 circa il 95% di tutti gli uccelli marini avranno plastica nell’organismo e che molte delle tossine e delle sostanze chimiche contenute nella plastica sono assorbite nel tessuto dei pesci, che a loro volta finiscono sulle nostre tavole.