“Non siamo la pattumiera del mondo”, l’urlo che si leva dal sud-est asiatico
“Non siamo la pattumiera del mondo”. L’urlo si leva dalle strade delle Filippine e si espande nei Paesi del sud-est asiastico. A proclamare la guerra dei rifiuti – come l’hanno chiamata – sono i Paesi orientali, stufi di accogliere i rifiuti (plastica soprattutto) dell’Occidente. A farsi portavoce della protesta è stato il presidente filippino Rodrigo Duterte, che qualche settimana ha creato un caso diplomatico rispedendo in Canada ben 69 container pieni di immondizia, a suo dire mandati illegalmente nelle Filippine fin dal 2013.
Poi è stata la volta della Malesia che ha annunciato: “Rispediremo al mittente i primi 50 mila container. 3 mila tonnellate di scarti di plastica torneranno nei loro Paesi d’origine. La destinazione? Stati Uniti, Giappone, ma sorpattutto Gran Bretagna. “Ciò che i cittadini britannici credono di raccogliere per il riciclo, viene invece scaricato nel nostro Paese”, ha tuonato la ministra malese per l’Ambiente Yeo Been Yin. “Si tratta di una faccenda molto seria: abbiamo aziende abusive connesse con il Regno Unito, ma con molti altri Paesi”.
La situazione si è fatta insostenibile dallo scorso, quando la Cina ha detto stop all’importazione di plastica dai Paesi europei. Dal 1988 al 2016, per capirci, la Cina ha importato 168 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica dai primi dieci esportatori (compresi Stati Uniti, Giappone e Regno Unito). Da quel momento il business dei rifiuti si è spostato verso le Filippine e la Malesia. “Quando la Cina ha chiuso le porte, i Paesi occidentali hanno rivolto lo sguardo ai Paesi del sud-est asiatico”, conferma Angelica Pago di Greenpeace. “Ma noi non ce la facciamo a ricevere tutta questa immondizia. L’Occidente sarà costretto a ridurre i suoi scarti e i suoi consumi o soffocherà”.
Certo, ha ragione l’attivista di Greenpeace: il modello di sviluppo e dei consumi va ripensato. Ma anche quello degli impianti. Il sud-est asiatico non può essere la pattumiera del mondo…