Ritorno al nucleare? 3 motivi di perplessità
Si dice spesso: gli impianti di nuova generazione sono sicuri, le bollette sarebbero più basse e le centrali francesi sono a due passi da noi. Ma la situazione è più complicata…
In un divertente film di diversi anni fa, Ricomincio da capo, il protagonista rimaneva intrappolato in un circolo temporale, che lo costringeva a ripetere di continuo la giornata della marmotta. Ecco, il poderoso dibattito di questo ultimo periodo sull’energia nucleare nel nostro Paese è l’ennesima “giornata della marmotta”, tanto è marcata la sensazione di déjà vu nella comunicazione.
Si, perché lo spinning sull’utilizzo dell’energia nucleare ha i suoi “pezzi forti”, che anche in questi giorni vengono utilizzati da politici, esperti del settore e giornalisti. A dire il vero rispetto al repertorio solito c’è l’aggiunta del “nucleare di quarta generazione”, comunque possiamo fare un rapido elenco di quelle motivazioni pro nucleare che siamo soliti sentire, e dare qualche informazione in merito.
1. L’Italia ha rinunciato all’atomo, ma acquista energia elettrica dalle centrali nucleari francesi
Si, sono vere entrambe le cose. L’energia nucleare è a pochi km dai nostri confini, tanto varrebbe produrla in casa nostra, no? Se è per quello anche la Germania, che al nucleare ha rinunciato più recentemente, ha la Francia e i suoi reattori come vicini di casa. E se allora fosse proprio la scelta francese di continuare a utilizzare l’uranio e il plutonio a dover essere messa in discussione?
Diciamo che quella francese è una situazione unica al mondo: il modello francese tout électrique alimentato da centrali termonucleari che generano il 75% dell’energia elettrica nazionale è figlio di un’impostazione ultradecennale da cui non è per nulla facile uscire. La Francia ha l’obiettivo di ridurre il ricorso al nucleare dalla percentuale attuale della produzione elettrica al 50%. Per farlo – scelta obbligata anche in considerazione del fatto che molti degli impianti sono arrivati a fine vita – dovrebbe costruire 25 reattori EPR da 1650 MW (i più grandi mai costruiti). Dal 2006 sta cercando di costruirne il primo a Flamanville.
Niente di fatto al momento: la data di caricamento del combustibile, ha fatto sapere Il gruppo francese EdF (Électricité de France), è spostata da fine 2022 al secondo trimestre 2023, e la stima del costo a termine passa da 12,4 miliardi di euro a 12,7 miliardi. Stiamo parlando di una cifra quadruplicata rispetto a quella dichiarata all’inizio dei lavori, cominciati nel 2007. Il progetto appena nato stimava 3,3 miliardi, diventati 4 già nel dicembre 2008. La fine dei lavori era stata poi prevista per il 2014, dal 2012 iniziale, con un costo stimato di 5 miliardi di euro.
Visti i tempi e i costi il progetto di rinnovamento su scala nazionale pare arduo e con costi esorbitanti.
Attualmente una dozzina dei 56 reattori francesi sono in manutenzione. Per la maggior parte si tratta di interventi pianificati ma ritardato a causa della pandemia. Tuttavia per quattro di essi – i più potenti della flotta nucleare transalpina – il fermo segue il rilevamento di alcuni guasti. Uno stop inaspettato che priva la nazione di quasi il 10% della sua capacità nucleare (61 GW) proprio nel momento in cui ha più bisogno di elettricità. E che con molta probabilità non si esaurirà a breve. In queste condizioni, la Francia si trova spesso da novembre in una situazione di importazione di elettricità, sebbene sia tradizionalmente un esportatore.
Conseguenza? In Francia oggi (14 gennaio) il costo €/MWh del PUN per l’energia elettrica è pari a 233 euro, ben di più di Germania o Spagna e anche dell’Italia (227,55 €/MWh).
2. Con il nucleare la nostra bolletta elettrica sarebbe più bassa
Nei decenni i costi del nucleare – tecnologia legata da sempre al suo sviluppo e applicazione in ambito militare – sono saliti costantemente. Per contro, la tecnologia legata alle rinnovabili si è evoluta permettendo sempre maggiori economie di scala. Oggi il kWh di energia elettrica prodotto dal nucleare costa molto di più dell’energia prodotta dal fotovoltaico o dall’eolico: secondo il World Nuclear Industry Status Report, nel 2020 produrre 1 kilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico è costato in media nel mondo 3,7 centesimi di dollaro, con l’eolico 4, con nuovi impianti nucleari 16,3.
3. Il nucleare di quarta generazione è sicuro
Attualmente 33 paesi nel mondo gestiscono un totale di 415 reattori; gli Stati Uniti restano leader mondiali, ma il loro parco nucleare continua a invecchiare, con un’età media di 41 anni nel 2021. In Cina, sebbene la produzione nel 2020 sia cresciuta in misura minore rispetto agli anni precedenti, con un aumento limitato al 4,4%, questo è bastato a superare la Francia che dunque è attualmente il terzo paese al mondo per capacità nucleare civile.
Complessivamente la quota del nucleare nel mix energetico mondiale è scesa al 10%. L’età media della flotta mondiale di reattori nucleari in funzione alla metà del 2021 ha raggiunto i 30,9 anni.
Detto ciò, che si parli di terza generazione “avanzata”, di “III+”, o di IV generazione o di “Small Modular Reactor”, gli “Smr”, la tecnologia di base è sempre la stessa. Per essere brutali possiamo dire che il nucleare di quarta generazione ha come principale caratteristica quella di non esistere. Come hanno recentemente scritto Gianni Mattioli e Massimo Scalia su Qualenergia i “progetti Generation IV da vent’anni non hanno trovato finanziamenti, né pubblici, con eccezione di Cina e Russia, né tantomeno privati, di dimensioni tali da consentire il loro decollo come generazione in grado di superare tecnologicamente la “III+”.
E per quanto riguarda Small Modular Reactor”, gli “Smr”, sempre Mattioli e Scalia ci ricordano come il concetto di “sicuro” che si vuole accoppiare agli Smr è fuorviante, perché hanno solo minor inventario radioattivo e minor volume di scorie rispetto a un reattore di potenza, ma se occorre localizzarne un numero tale per raggiungere i 1.000 MW, la problematica non muta.
Nella lista degli oltre 50 Smr progettati in tutto il Pianeta solo 4 risultano in costruzione e altri quattro in esercizio: tre in Russia ed uno in Cina, ovvero posti dove la sindrome nimby la bypassano a modo loro.
E la fusione? Attualmente Usa, Russia, Cina, India, Giappone e Ue stanno finanziando un colossale progetto di centrale a fusione, Iter, in costruzione a Cadarache (Francia). Un progetto “ibrido” tra ricerca sperimentale e prototipo industriale, con una tempistica piuttosto approssimativa: entro il 2035-40 dovrebbe passare alla fase “Demo”, che entro il 2050 si dovrebbe concludere con la produzione dei primi kWh. Entro il 2050…
Intanto rimaniamo in attesa che “l’asteroide” del climate change ci prenda in pieno.