Don’t look up
Crisi Climatica

Don’t look up, il coraggio e la paura di guardare in alto

Gennaio 25, 2022 By

Il film di Adam McKay con Leonardo Di Caprio ci parla dell’emergenza climatica senza mai nominarla. E tra un sorriso amaro e l’altro ci dice molto su come (non) la stiamo affrontando.

È stato uno dei casi cinematografici dell’anno. Di quelli che spuntano all’ultima curva di una stagione di intrattenimento televisivo non proprio esaltante. Un film che qualcuno ha definito un blockbuster dal gusto cinico e trasandato, qualcun altro invece una divertente satira sull’apocalisse e il manifesto disincantato dell’attualità. Sta di fatto però che Don’t look up, uscito nelle sale lo scorso dicembre e subito dopo sulla piattaforma di streaming Netflix, ha fatto molto parlare di sé.

La trama

La storia è semplice quanto intricata nel suo sviluppo. Vediamola in cinque tappe.

1. Durante una sessione di osservazione del cosmo, una dottoranda in astronomia rivela un corpo celeste dalla traiettoria insolita. I calcoli svelano che si tratta di una cometa diretta verso la superficie terrestre, in grado di provocare la fine della vita sul Pianeta.

2. Subito i due scienziati – impersonati da Leonardo Di Caprio e Jennifer Lawrence – allertano le autorità: riescono a parlare con la Presidente degli Stati Uniti, che però non prende seriamente la notizia. Così il professore e la dottoranda, impersonati da Leonard Di Caprio e Jennifer Lawrence, prendono l’iniziativa e ottengono un’ospitata in uno dei talk tv più seguiti del Paese. L’intento di comunicare al mondo il terribile destino che l’attende se non si agirà subito (la cometa impatterà la Terra di lì a sei mesi) naufraga miseramente davanti al tono giocoso e irriverente dei conduttori della trasmissione e alla reazione nervosa della studentessa che vede incredibilmente minimizzato il suo allarme. Analogo l’epilogo sui social media, che sfruttano l’episodio ridicolizzando il tragico appello della scienza.

3. La svolta arriva quando la Presidente è coinvolta in uno scandalo a luci rosse. Allo scopo di deviare l’attenzione dei media, accetta il suggerimento del professore e attiva la missione di distruzione della cometa tramite il lancio di testate nucleari. Sul più bello, però, ecco il colpo di scena clamoroso: un miliardario imprenditore, fondatore visionario di un’azienda di alta tecnologia digitale e tra i principali finanziatori del Governo, convince la Presidente ad annullare l’operazione. Il motivo? La presenza ingente di minerali scovati dal suo gruppo di ricerca all’interno della massa della cometa, preziosissimi per alimentare l’industria della compagnia. Da qui la decisione di far esplodere il corpo celeste in parti più piccole per poterne ricavare le ricchezze una volta cadute innocuamente negli oceani.

4. Il professore, inizialmente sorpreso da questo repentino cambio di programma, si lascia sedurre dalla proposta tanto avveniristica quanto poco solida scientificamente. Per il personaggio interpretato da Di Caprio è l’inizio un grande successo mediatico e politico che lo porta a diventare star globale e testimonial del prossimo trionfo del Governo e dell’umanità sulla minaccia della cometa.

5. Ma i dubbi presto si insinuano nella coscienza del professore. Dopo aver visto respinte la verifica delle prove scientifiche alla base del piano alternativo, torna sui suoi passi: riconosce il tragico errore, abbandona la posizione di prestigio di cui aveva goduto e si riconcilia con la sua allieva e il mondo scientifico “ufficiale”. Quando gli esplosivi robotizzati spediti dalla compagnia del miliardario falliscono di gran lunga l’obiettivo e tutto è quindi ormai perduto, il professore decide di spendere gli ultimi momenti della sua vita in un’atmosfera forzatamente gioviale insieme alla famiglia, ai conoscenti e alla dottoranda.

La cometa come il climate change

È evidente, anche per stessa ammissione del regista e di Leonardo Di Caprio – da anni portavoce delle istanze ambientali – il richiamo del film al cambiamento climatico. Una scelta coraggiosa quella degli sceneggiatori che hanno voluto affrontare un tema tanto serio all’interno di una cornice narrativa con elementi surreali e dal tragicomici. Basti pensare alla reazione dell’opinione pubblica nel film, divisa tra chi ammette la minaccia imminente della caduta della cometa, tra chi la sminuisce puntando il dito contro i procuratori di falso allarme e tra chi la nega gridando al complotto.

Così nella pellicola, l’orientamento della popolazione umana si fraziona tra quelli che invitano a guardare il cielo (e quindi a fare qualcosa per la salvezza) e quelli che lo sguardo in alto non lo punterebbero neanche sotto tortura pur di non dare soddisfazione ai primi: un’immagine che ricorda il dibattito sul cambiamento climatico con i negazionisti dell’emergenza che non accettano il valore scientifico degli studi condotti. Due realtà che appaiano senza possibilità di dialogo e mediazione e che viene colmata dalla scellerata proposta dell’imprenditore avido. In questo senso Don’t look up è un invito a riappropriarsi del senso di realtà, razionalità e misura.

Il conflitto scienza-comunicazione

Don’t look up mette a nudo debolezza e forza dell’uomo e forse anche per questo non ha riscosso gradimento unanime. Incredibile ma vero, il mondo sceglie la via distruzione: prima rifiuta l’allarme schernendolo e sommergendolo sotto una valanga di meme social, poi finisce per accettarlo di fronte agli spot per bambini nei quali si dice tutto andrà bene e infine si ritrova in piazza nei momenti imminenti allo schianto della cometa, diviso tra chi prega, chi si dà alla pazza gioia e chi spara in aria convinto di poter intaccare la cometa con il calibro di un fucile d’assalto.

In questo folle mondo normale, come ne esce il rapporto tra scienza, comunicazione e potere? Verrebbe da dire che il risultato sia un grande centrifugato, all’interno del quale tutto è fluido e aleatorio, con la voce della Scienza che all’occorrenza si china alle pretese del potente di turno e cede alle lusinghe delle luci della ribalta. Don’t look up vorrebbe dirci che non bastano scienza e autorevolezza affinché il messaggio venga compreso come dovrebbe. Servono anche tono, strumenti, equilibrio. E perché no, il vento favorevole delle circostanze.

Mattia Piola, 23 gennaio 2022