Bani: riscaldamento, le pompe di calore sono il futuro
Per il Presidente di ARSE oggi le priorità sono decarbonizzazione e autonomia energetica. Ecco come fare…
“Ormai si parla quasi ovunque di fotovoltaico, eolico e di altre fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica. Per la verità, non se ne parla soltanto; si è fatto anche molto. Anche il sttore della mobilità sta progressivamente accelerando sul fronte della transizione energetica. È invece indispensabile avviare la transizione del settore del riscaldamento degli edifici che in Italia pesa per oltre il 40% dei consumi di gas e il 18% per emissioni inquinanti in atmosfera, tema questo particolarmente sentito nelle principali aree urbane. Da qui, l’idea di ARSE, l’Associazione Riscaldamento Senza Emissioni.” Ingegnere nucleare, da sempre impegnato nel settore dell’energia, il presidente di ARSE Riccardo Bani è convinto che si debba procedere su un sentiero che ormai è tracciato, sia per motivi ecologici che di autonomia energetica. Un esempio positivo? Il Superbonus, che pure è stato molto criticato. “Il Superbonus ha dimostrato che si può accelerare la transizione; è costato, ma sulle truffe c’è stata una fake news, perché in realtà sono state poche. La maggior parte ha riguardato il vecchio Ecobonus e in gran parte il bonus facciate che non aveva meccanismi di controllo.” Dobbiamo recuperare e valorizzare gli elementi positivi dello strumento rendendolo stabile e sostenibile.
Perché ARSE?
ARSE nasce con l’idea di promuovere un modello diverso di riscaldamento. Un modello più sostenibile fondato sulla decarbonizzazione da realizzarsi attraverso l’elettrificazione dei consumi termici. La nostra associazione promuove tecnologie a basso impatto ambientale, in particolare la pompa di calore, applicandola nelle zone più fredde nella soluzione “geotermica”. La cosiddetta piccola geotermia consiste in questo: si prende dal sottosuolo il calore contenuto nell’acqua di prima falda o nel terreno, calore a bassa temperatura (10 – 15 gradi) che per le pompe di calore è un’efficiente sorgente di energia gratuita. L’idea è quella di recuperare questo calore prima che vada disperso.
Il bonus 110% ha permesso di migliorare la classe energetica di molte abitazioni. Eppure il governo ha cancellato la cessione del credito riducendo la platea dei possibili beneficiari. Sono state molte le critiche. Qual è la sua opinione a riguardo?
Arse rappresenta il mondo delle pompe di calore e delle aziende operanti nella geotermia, e in questo settore il 110% ha dato un ottimo contributo perché ha consentito la realizzazione di questa tipologia di impianti, dimostrando la bontà di questa soluzione tecnologica. Va considerato che il Superbonus è nato durante la pandemia. La finalità era di rilanciare il settore dell’edilizia che in Italia è molto rilevante: un settore che ormai punta non tanto nella realizzazione di nuovi edifici, bensì sulle ristrutturazioni (e io dico per fortuna, perché è meglio valorizzare il patrimonio edilizio che già abbiamo piuttosto che rubare spazio al verde per fare del nuovo edificato).
Quindi ha avuto degli effetti positivi?
Ha avuto sicuramente un suo pregio nella fase iniziale e nei risultati. Se consideriamo il vecchio Ecobonus vediamo che nel periodo 2014-2021 ha impegnato 31 miliardi di risorse e ha prodotto risparmi di energia primaria fossile per circa 1 milione di tonnellate equivalenti di petrolio all’anno. Il nuovo Superbonus, in due anni, ha impiegato 62 miliardi (il doppio delle risorse) portando lo stesso beneficio di un milione di tonnellate di petrolio all’anno in termini di efficienza energetica. In termini di efficienza delle nostre imprese è stata una grande risposta, incentivata anche dal Green Deal europeo. Grazie al Fit for 55 avente il target del meno 55% nel 2030, e che è stato ratificato da tutti gli stati membri come obiettivo da perseguire, il nostro Paese ha dato una positiva dimostrazione di poter accelerare un processo di riqualificazione energetica dei nostri edifici.
Qual è la situazione in questo momento. C’è chi sostiene che il settore si è bloccato…
No, non siamo in una situazione di blocco. Il Superbonus non è stato eliminato del tutto. Il problema è questo: è venuto meno lo strumento della cessione del credito, dello sconto in fattura: uno strumento importante perché consente l’abbattimento della spesa iniziale da parte del consumatore. Guardiamo in maggiore dettaglio i numeri: il Superbonus a gennaio 2023 è costato circa 62 miliardi ma il 28% di queste risorse (quindi 17 miliardi circa) ha contribuito al conseguimento del 70% dei risultati energetici complessivamente ottenuti, grazie al fatto che si sono concentrati su quegli interventi che hanno ottenuto la maggior riduzione di energia primaria fossile, ovvero quelli che hanno conseguito il maggior salto di classi energetiche: quegli edifici di classe energetica F e G che sono diventati edifici in classe A (daA1 a A4).
È riuscito a rilanciare, almeno in parte, l’economia?
A differenza del fotovoltaico, dove gli incentivi sono andati fuori da questo paese per il 70-80%, con moduli fotovoltaici in gran parte fatti in Cina, col Superbonus ha lavorato l’edilizia italiana. Cosa serve dunque per far funzionare bene lo strumento? Come evidenziato prima per ottimizzare l’uso delle risorse finanziarie serve introdurre un meccanismo di proporzionalità, ovvero se ad esempio si passa da classe G o F a classe A erogare il 100% o il 95%, e ridurre la percentuale mano a mano che le classi guadagnate sono più basse.
La sintesi è che un sistema di incentivi deve partire da un obiettivo minimo di efficientamento conseguito che oggi non c’è. Se il cittadino vuole accedere a qualunque tipo di detrazione deve superare almeno una soglia minima di efficienza e da li rendere la detrazione proporzionale all’efficienza conseguita. Inoltre l’obiettivo di un nuovo piano deve necessariamente dare a imprese e cittadini un senso di stabilità e certezza per un certo tempo. Il nostro orizzonte temporale? Da qui al 2030 bisogna abbattere del 55% la CO2.
Capitolo bollette. Che cosa devono attendersi imprese e famiglie per il prossimo futuro?
La domanda è impegnativa. Intanto va detto che l’impennata dei prezzi non è solo figlia dell’aggressione della Russia all’Ucraina, ma è precedente: è iniziata tra il giugno-luglio 2021, mentre la guerra è scoppiata nel febbraio 2022. Fatta questa premessa, va sottolineata la resilienza del nostro Paese e la capacità che ha dimostrato nel diversificare le fonti di approvvigionamento. Tutto questo, però, non deve farci sottovalutare le difficoltà che tutt’ora esistono.
A che cosa si riferisce in particolare?
La prima è che nonostante la diversificazione, sussistono sempre dei rischi geopolitici: la Libia, l’Algeria, l’Azerbaijan, per citarne alcuni, sono Paesi che presentano parecchie criticità. In altre parole, quello che oggi abbiamo vissuto con il gas proveniente dalla Russia potremmo viverlo in futuro con altri paesi. La seconda difficoltà è di natura più tecnica. Importare gas liquefatto è più costoso rispetto all’importazione via tubo. Ho citato il gas perché oggi anche il prezzo dell’energia elettrica è fortemente correlato a quello del gas. Non sarà più così se continueremo a investire sulle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica (eolico e fotovoltaico): fonti che ormai hanno dimostrato la loro efficienza ed economicità.
Come valuta sistema europeo di scambio delle quote di emissione (ETS) di recente approvato dal Consiglio europeo?
Innanzitutto va detto che l’istituzione di un nuovo sistema di scambio di quote di emissione CO2 riguarda il riscaldamento degli edifici, il trasporto su strada e altri settori (principalmente la piccola industria). Il fine è ridurre le emissioni in questi settori difficili, finora, da decarbonizzare. Il sistema andrà ad aumentare i costi del riscaldamento da gas e altri combustibili fossili in modo da disincentivarne progressivamente l’uso. Si tratta di un passo avanti fondamentale per il miglioramento della qualità dell’aria che respiriamo. La normativa favorirà la scelta di adottare le pompe di calore. Un beneficio per l’ambiente e per i risparmi dei consumatori.
Ultimamente si è anche discusso della direttiva Ue sulla transizione energetica degli edifici. A suo avviso si arriverà a un compromesso?
Credo di sì. Parliamo della revisione di una direttiva di EPBD esistente, prevista in un provvedimento del Fit for 55, per il raggiungimento del famoso meno 55% nel 2030 (obiettivo approvato da tutti i nostri, dal nostro governo a tutti i governi nazionali). Ora siamo nella fase del trilogo e non è ancora stata approvata: Consiglio, Parlamento e Commissione europea devono arrivare a una sintesi. Ritengo che gli obiettivi prefissati – in particolare il miglioramento di classe energetica E al 2030 e della classe energetica D al 2033 per gli edifici privati – resteranno sostanzialmente nella versione finale.
Questi provvedimenti peseranno sulle tasche dei cittadini?
In realtà, la direttiva del Parlamento stabilisce che la Commissione Europea e la Banca Europea degli Investimenti assicurino accesso al credito a condizioni favorevoli, facilitando strumenti di prestiti europei oppure ancora più importanti fondi europei di garanzia per le ristrutturazioni. Ricordo sempre che un intervento di efficientamento energetico libera risorse finanziarie: fa consumare meno energia e spendere meno per le bollette.
Parliamo di transizione energetica. Secondo molti la soluzione sta nell’elettrificazione dei consumi. Lei cosa ne pensa?
Ritengo importante procedere all’elettrificazione dei consumi, in particolare nel settore del riscaldamento che oggi ha fatto pochi passi avanti rispetto ad altri settori. Anche considerando la sempre maggiore produzione da FER l’elettrificazione è importante perché contribuisce alla decarbonizzazione, all’autonomia energetica e alla riduzione delle bollette.
Abbiamo detto che ARSE promuove l’uso delle pompe di calore. Quali sono i motivi di questa scelta?
Innanzitutto, c’è un motivo economico, in quanto la pompa di calore è una tecnologia molto più efficiente della caldaia: per produrre 100 unità di calore la caldaia ne consuma 110-120 di combustibile fossile, mentre la pompa di calore ne consuma 20-25 di energia elettrica. Se poi installassimo anche un po’ di fotovoltaico sul tetto dell’edificio probabilmente la bolletta verrebbe più che dimezzata: potremmo ridurla del 60-70% nel caso delle villette fino a raggiungere anche l’autonomia energetica. C’è poi un secondo motivo che riguarda il sistema Paese.
Di che si tratta?
A livello Paese, l’adozione di pompe di calore vorrebbe dire dimezzare i consumi di gas in favore di una maggiore autonomia energetica. In sostanza, si ridurrebbe il fabbisogno di importazione di gas da terzi, rendendo più autonomo il Paese. Infine, aggiungerei un ultimo ma non meno importante vantaggio…
Qual è questo vantaggio?
Mi riferisco al vantaggio del miglioramento delle classi energetiche. Pochi sanno che la pompa di calore usa 20-25 unità di energia elettrica ma le altre 75-80 sono calore gratuito proveniente dalla natura – aria, acqua o terreno – e questo è il motivo per cui la bolletta dell’energia del riscaldamento si dimezza e riducendo l’uso dei combustibili fossili la classificazione energetica dell’immobile migliora di tre o più classi. Insomma, vantaggi ambientali, economici e incremento del valore del proprio immobile.
Passare da una caldaia a gas a una pompa di calore è complicato?
Le pompe di calore, soprattutto del tipo aria-acqua mediamente sono di facile installazione. Basta sostituire la caldaia, mettere la pompa di calore al suo posto e collegarla ai collettori di andata e di ritorno. Tenendo presente che le pompe di calore di ultima generazione raggiungono temperature compatibili con i tradizionali radiatori (80 gradi) e non è più necessario fare alcun intervento all’interno delle unità abitative.
Leggermente più complesso è il caso di un intervento in un edificio condominiale con una soluzione geotermica: in questo caso, oltre a sostituire la macchina, c’è da realizzare il campo geotermico e quindi fare delle perforazioni; ci vuole un’area esterna condominiale (in genere ce ne sono) oppure i corselli dei garage, anche in questo caso però senza alcun intervento nelle abitazioni. Come dimostrano i 4.000 impianti in Italia o le centinaia di migliaia di impianti che sono in Europa, la pompa di calore geotermica è una soluzione tecnologica ormai fattibile, alla portata di tutti.