Golfo del Messico, quel cerchio di fuoco in mare che fa paura…
Un evento spettacolare ma al tempo stesso inquietante, avvenuto qualche settimana nella Baia di Campeche, fa tornare alla mente il disastro del 29 aprile 2010…
L’evento è suggestivo: sembra di vedere il cratere di un vulcano col magma che ribolle in mezzo all’acqua. La realtà, però, è più inquietante, visto che si tratta di un incendio divampato nel cuore dell’oceano, vicino al Golfo del Messico. Siamo sulla piattaforma petrolifera Ku-Charly, nella Baia di Campeche, sud del Golfo del Messico, a circa 105 km da Ciudad del Carmen, la città più vicina.
Succede che, complice il mal tempo, un gasdotto della compagnia statale si è rompa provocando le fiamme. La società interviene: le condutture vengono chiuse dopo cinque ore l’inizio della perdita, mentre nel frattempo diverse imbarcazioni che spengono il fuoco. Tempo e azioni sufficienti a evitare feriti ed evacuazioni, ma non a impedire conseguenze ambientali. Anche se ora è troppo presto per valutarne la portata: il dirà.
Di certo, quanto accaduto riporta alla mente quel 20 aprile 2010, quando proprio 2010 proprio nel Golfo del Messico, lungo le coste tra la Louisiana e il Texas, esplose la piattaforma di British Petroleum. Si trattò della peggiore fuoriuscita di petrolio di sempre, la cui portata tragica è stata compresa completamente solo a dieci anni di distanza. Gli 11 lavoratori della piattaforma morti, i 200 milioni di galloni di petrolio che si sono riversati nel Golfo per 1.300 miglia di costa fotografano solo una parte del disastro che avvenne.
Se si considera, infatti, quello che gli scienziati hanno definito “petrolio invisibile” – cioè greggio che dalle immagini satellitari non era possibile vedere e quindi non calcolato in un primo momento -, non stupisce che l’incidente abbia innescato effetti gravosi su bio e agro diversità. Per aver contezza, si stima che il petrolio abbia decimato la popolazione dei delfini, ucciso tra i 55mila e i 160mila esemplari di tartarughe marine giovani e ridotto le balene del 22%. Una tragedia faunistica immane, sicuramente non paragonabile a quella più recente, raccontata sopra. Speriamo solo che, tra qualche anno, non scopriremo altri danni agli ecosistemi ora invisibili…