I cellulari e il problema dello smaltimento
L’ultimo cellulare, l’ultimo tablet, l’ultima playstation. Ognuno vuole la nuova versione o l’accessorio nuovo di uno dei tanti device tecnologici che accompagnano il nostro quotidiano. Detta altrimenti, siamo tutti un po’ vittime di quello che viene definito il “consumismo tecnologico”. Certo, il turn over degli strumenti tecnologici garantisce alfabetizzazione digitale e posti di lavoro. Ma è un lato della medaglia. Solo il 20% di questi rifiuti segue il percorso giusto. La maggior parte dei rifiuti tecnologici, infatti, viene smaltita in maniera scorretta. Poca differenziata e rifiuti portati nei Paesi di sviluppo come India e Nigeria, dove vengono eliminati secondo procedure meno attente all’impatto ambientale rispetto a quelle delle nostre latitudini.
Alcuni dati diffusi lo scorso novembre da Greepeace, rendono meglio l’idea della portata del problema: nel 2016, a livello globale, la quantità di rifiuti elettronici prodotta è stata di 44,7 milioni di tonnellate. L’equivalente del peso di 22 milioni di auto!
C’è poi una questione nella questione. E riguarda i piccoli dispositivi. Tra il 2007 e il 2017, nel mondo, sono stati prodotti nel mondo 7 miliardi di smartphone. Ma rimaniamo in Italia: su circa 229 mila tonnellate di rifiuti elettronici raccolti nei primi dieci mesi dello scorso anno, oltre 46 mila sono composti da cellulari, attrezzi da cucina, rasoi elettrici e altri oggetti di piccole dimensioni. Insomma, la quantità è tale che il problema, con l’aumento dell’uso di cellulari e degli accessori, rischia di ingigantirsi.
Certo, la legge c’è e ed è chiara: i consumatori possono portare i vecchi cellulari e oggetti simili dai rivenditori, e questi il dovere di accettarli e portarli nei centri raccolti. Ma come spesso succede, la questione non è solo normativa, ma culturale. È necessario, in altre parole, prendere coscienza che il cellulare, lo strumento diventato il “miglior amico dell’uomo”, può diventare “nemico” non solo se male utilizzato, ma anche se male smaltito. Ad oggi conoscenza e sensibilità sono mancate e un’indagine effettuata da Friendz per Ecodom (il principale consorzio italiano di smaltimento dei dispositivi elettronici) lo conferma: il 73% degli italiani non è al corrente della possibilità di consegnare il proprio cellulare negli esercizi commerciali.
Tutto da rifare? Non proprio. La cronaca ci regala esperienze virtuose che inducono all’ottimismo. Due casi. A Macerata è operativo un Centro di Riuso: qui è possibile consegnare oggetti tecnologici che non si usano più (ma che siano funzionati) che a loro volta verranno messi a disposizione gratuitamente a chi intende farne uso e dar loro una seconda o terza vita. Una buona pratica che ha evitato lo smaltimento di oltre 100 tonnellate di rifiuti (sempre e soddisfatto le esigenze di numerosi consumatori/utenti) nell’anno precedente.
C’è poi il caso di Brescia. L’Ecodom, il principale Consorzio italiano per la gestione dei Raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), ha ricavato nella provincia di Brescia 1.716 tonnellate di ferro (pari a 3 treni Frecciarossa 1000), 296 tonnellate di plastica (pari a circa 118 mila sedie da giardino), 57 tonnellate di rame (pari a 63 km di cavi) e 55 tonnellate di alluminio (pari a 3,4 milioni di lattine). Dati relativi al 2018. Un’operazione che ha arrecato alla Lombardia due vantaggi non da poco: risparmiare 20.036.438 kWh di energia elettrica ed evitare l’immissione in atmosfera di 122.013 tonnellate di anidride carbonica.