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I rifiuti si fanno il look. Perché è un affare fare un orecchino da una lattina

Maggio 15, 2018 By

Con un fatturato di 23 miliardi di euro l’industria italiana è al primo posto nel riuso degli scarti (Natascia Ronchetti, Venerdì di Repubblica 20 aprile 2018)

Una volta erano destinati al macero. Adesso vanno in passerella. Così i rifiuti si rifanno il look. Persino i vecchi manifesti pubblicitari si trasformano in oggetti di lusso. Per esempio in borse realizzate in pezzi unici con manici ricavati dalle cinture di sicurezza delle auto recuperate dagli sfasciacarrozze: proprio come fa Garbage Lab, azienda di Milano. A loro volta le lattine di alluminio, pronte per la discarica, si trasformano in gioielli: li crea, con il marchio Carmina Campus, Ilaria Venturini Fendi, la figlia più giovane della stilista Anna Fendi. Anche i cartoni della pizza servono per realizzare ricerca te lampade di design, mentre con la plastica dei bicchierini per il caffè si arreda la casa. Infine le vecchie reti da pesca, dalle quali la multinazionale trentina Aquafil, ricava filati di nylon per i grandi brand della moda. I numeri, da record, confermano il trend virtuoso.

L’industria nazionale, in totale, recupera ogni anno mediamente 48,5 milioni di tonnellate di rifiuti. L’Italia fa meglio della Francia e della Gran Bretagna che ne riciclano 29,9, e anche della Spagna, che si ferma a 27 milioni. Tanto che, secondo Eurostat, il nostro Paese si piazza al primo posto per quota di scarti impiegata nel sistema produttivo (quasi un quinto del totale) tra le nazioni europee con una storica tradizione manifatturiera. Un primato che si traduce in un fatturato stimato in 23 miliardi di euro e che riguarda tutti i settori: compresi design e moda.

Lo dimostra lo studio dell’Enel e della Fondazione Symbola per lo sviluppo della soft economy, che hanno esaminato cento aziende italiane particolarmente attive nell’utilizzo dei rifiuti riciclati. Nella versione chic tutto può essere utile. Anche la carta usata che sostituisce la pelle per realizzare calzature, come quelle fatte da Cartina, marchio toscano di scarpe di alta gamma.

Dalla Toscana, all’Emilia: «Abbiano puntato a prodotti per una fascia altissima di mercato», spiega Maria Silvia Pazzi, amministratore delegato di Regenesi, che dal 2008, a Bologna, produce con materiali di recupero (carta, cartone, vetro, vecchie pelli) bijoux, borse, lampade, oggetti per l’ufficio, pelletteria, anche in partnership con la casa automobilistica Lamborghini e con il gruppo di abbigliamento motociclistico e sportivo Dainese.

Tra le grandi maison che usano i rifiuti in chiave alta moda spunta anche Salvatore Ferragamo che, nel 2017, lanciò i primi abiti fatti con un tessuto ricavato dagli scarti della lavorazione industriale degli agrumi. Un materiale inventato alcuni anni fa da due giovani imprenditrici siciliane, Enrica Arena e Adriana Santonocito, che hanno creato l’azienda Orange Fiber. Tutto merito dei rifiuti.