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Emergenza discariche: uno studio rivela quando saremo invasi dai rifiuti

Settembre 8, 2021 By

La capacità delle discariche italiane è in esaurimento, mentre il Paese è fermo nella realizzazione dei nuovi impianti di trattamento e termovalorizzazione. Se continua così, sarà caos in pochi anni…

Prima o poi la realtà si manifesta e presenta il conto. Mettere la polvere (nel nostro caso, i rifiuti) sotto il tappeto non poteva essere la soluzione. Ed ecco che si avvicina il momento che a decisori, politici e cittadini non farà piacere. Tempo tre anni e le discariche italiane saranno stracolme. E allora il costo ambientale ed economico per un Paese già provato dalla pandemia potrebbe essere veramente salato. La previsione è contenuta nel rapporto elaborato da European House-Ambrosetti con A2A (la più grande multiutility italiana) e presentato al forum di Cernobbio (Como) lo scorso 3 settembre. Ed è tutt’altro che esagerata.

Certo, i tre anni vanno presi cum grano salis, trattandosi di una media. Ma cambia poco la sostanza dell’allarme: se per il Nord, dotato di maggiori infrastrutture, il limite delle discariche è previsto in 4 o 5 anni, per il Sud il conto alla rovescia è un anno e mezzo. Nel caso della Sardegna addirittura sei mesi.

Il confronto con gli altri Paesi

Del resto, l’eccessivo ricorso alle discariche e l’esiguo riciclo dei rifiuti lungo la Penisola non sono una novità. L’Europa ha parlato chiaro: entro il 2035 bisognerà riciclare il 65% dei rifiuti e il ricorso alla discarica non dovrà superare il 10%. Ad oggi, invece, in Italia il tasso di conferimento annuo nelle discariche dei rifiuti urbani (circa 30 milioni di tonnellate) è trenta volte più alto di quello dei Paesi benchmark europei (Belgio, Danimarca, Germania, Svezia e Svizzera) per un totale di 6, 3 milioni di tonnellate. In pratica, l’equivalente di quanto conferiscono Germania e altri 15 Paesi Ue. Non a caso crescono procedure d’infrazione Ue (dalle 62 del 2017 alle 82 odierne) così come le condanne. Dal 2012 a oggi, le infrazioni ci sono costate ben 750 milioni di euro (152 per sanzioni forfettari e 600 circa come penalità); una cifra molto superiore a quelle pagate da Grecia (350 milioni), Spagna (122 milioni) e Francia (91 milioni).

Il caso del biometano

L’Italia, dunque, non recupera energia dai rifiuti, ma li mette nella discarica, la soluzione meno green (per usare un eufemismo) che non a caso è l’ultima opzione della piramide dei rifiuti. In tal senso, rappresentativo è il caso del biometano, una delle forme più sviluppate di riciclo dei rifiuti. Ebbene, secondo il rapporto citato, solo la metà della frazione organica dei rifiuti urbani viene trattata con le moderne tecnologie che permettono il recupero combinato di materie (compost) e di energia (biogas). L’altra metà, infatti, finisce tra discariche e termovalorizzatori. Insomma, uno spreco.

Le responsabilità

Ma perché tutto questo? Quali sono i motivi del ricorso alle discariche a danno degli impianti? Anche in questo il documento dello European House-Ambrosetti ha il merito di essere chiaro. La responsabilità, senza tanti giri di parole, è di quella cultura Nimby rappresentata da politica, amministratoti e comitati cittadini che, in nome di un ambientalismo ideologico e a volte per conto degli interessi del caso, ostacola o blocca infrastrutture – anche moderne e sciure – capaci di riciclare rifiuti (nei pochissimi impianti di trattamento dei rifiuti avviati negli ultimi anni, oltre il 60% del tempo di realizzazione è impiegato nella fase di progettazione e autorizzazione).

A rimetterci – come anticipato – è il Paese sia a livello economico che ambientale. Perché se è vero che – stando a sempre al rapporto – occorrerebbero 4,5 miliardi di euro per risolvere il problema degli impianti, è altrettanto vero che l’indotto economico generato da questi si aggirerebbe sui 11,8 miliardi. Senza dimenticare il beneficio ambientale: senza il deficit impiantistico attuale, si avrebbe una riduzione dell’emissioni di CO2 di 3,7 milioni di tonnellate. L’equivalente della produzione dei settori manufatturieri della produzione di metallo, ferro e acciaio. Mica poco!