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Crisi Climatica

Inadempienza climatica, lo Stato italiano citato in giudizio

Gennaio 4, 2022 By

L’azione legale è parte della campagna di sensibilizzazione intitolata “Giudizio Universale” ed è già attiva in diversi Paesi del mondo.

Anche l’Italia avrà la sua prima causa legale per inadempienza contro il cambiamento climatico. La call to action contro lo Stato è lanciata da cittadini, studenti, scienziati, avvocati, attivisti e volontari di associazioni ambientaliste. Il motivo? L’inefficiente impegno nella lotta ai cambiamenti climatici mediante politiche attive di riduzione delle emissioni.

La premessa su cui fa leva il movimento “Giudizio Universale” non è banale e intende dimostrare che esiste una correlazione tra il mancato rispetto dei parametri climatici e la violazione di numerosi diritti fondamentali riconosciuti per altro dallo Stato italiano. La causa, depositata al Tribunale di Roma in data 5 giugno 2021, ha visto la sua prima udienza lo scorso 14 dicembre, dove l’Italia è stata chiamata a rispondere in aula delle sue responsabilità di fronte all’emergenza climatica.

Le richieste al giudice da parte dell’accusa sono:

  • Dichiarazione di responsabilità dello Stato italiano per inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica;
  • Condanna dello Stato a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

Con oltre 120 associazioni a sostegno dell’iniziativa, tra cui Fridays for Future Italia, Associazione Medici per l’Ambiente e Società Meteorologica Italiana, i promotori precisano tali richieste si basano su acquisizioni scientifiche condivise, che vincolano gli Stati a parametri di verifica ai quali loro stessi hanno aderito mediante la ratifica di accordi nazionali e internazionali.

Tra le principali obbligazioni climatiche che lo Stato sarebbe tenuto ad osservare spiccano per rilevanza:

  • accordi internazionali sul clima (tra cui UNFCCC – Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici del 1992 e Accordo di Parigi del 2015)
  • fonti internazionali e regionali sui diritti umani (tra cui CEDU, Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, artt. 2 e 8)
  • fonti dell’Unione Europea (tra cui TFUE art.191 e Regolamento UE n.2018/1999)
  • Costituzione italiana (tra cui artt. 2 e 32)
  • altre fonti di rango nazionale (tra cui Codice Civile, artt. 2043 e 2051)

Ma da dove parte l’iniziativa giuridica contro i governi nazionali? L’idea nasce dall’ong Urgenda Foundation. Il 21 dicembre 2020, al termine di una battaglia legale durata sette anni, Urgenda ha ottenuto il verdetto favorevole della giuria che ha obbligato il governo olandese a far fronte alla crisi climatico-ambientale, confermando quanto i diritti umani siano messi a rischio dall’inazione dei governi. La sentenza in questione ha creato un precedente giuridico che ha innescato una reazione a catena da parte delle associazioni ambientaliste nazionali nei confronti dei rispettivi governi. Per la prima volta uno Stato, portato in tribunale dai suoi cittadini, viene condannato per non essersi operato abbastanza nel contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. La sentenza della Corte Suprema olandese ha sancito un principio fondamentale: la salvaguardia dell’ambiente non è a discrezione della politica, ma un obbligo per tutelare la salute dei cittadini.

l caso olandese ha ispirato cause simili in ben 25 Paesi diversi, dove la società civile è riuscita a portare alla sbarra non solo lo Stato, ma anche le imprese e i progetti con un forte impatto sugli ecosistemi. Nel mondo sono state già avviate oltre 1400 azioni legali relative alla crisi climatica: in Francia, Pakistan, Stati Uniti, Irlanda, Australia, Nuova Zelanda… e ora anche in Italia.

Gino Piacentini, 3 gennaio 2022