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Kme e l’economia circolare: quando gli scarti della carta diventano energia

Dicembre 29, 2021 By

Recupero degli scarti di carta destinati alle discariche e abbattimento delle emissioni di un quarto: la multinazionale del rame esempio di transizione energetica.

Si parla tanto di economia circolare, di transizione ecologica. A parole siamo tutti green, tutti sostenibili, ma poi nella realtà non sempre è così. E intanto prolifera il fenomeno del greenwashing. Ecco allora l’importanza di raccontare progetti concreti, con nomi, volti, numeri e soprattutto benefici reali. Un esempio? Quello di Kme, multinazionale del rame con stabilimento in Italia a Fornaci di Barga, in Valle del Serchio.

Nel corso di eprtalk, il “format” di eprcomunicazione nato lo scorso anno per promuovere il dialogo e la riflessione sui grandi temi legati all’ambiente e alla comunicazione, Vincenzo Autelitano, direttore tecnico Kme, ha illustrato il progetto dell’azienda. Un caso di economia circolare virtuoso, che però ha trovato ostacoli burocratici e politici, come ha spiegato lo stesso Autelitano.

L’intervento di Autelitano a eprtalks

Abbattimento delle emissioni

«Già in tempi in cui si parlava poco di sostenibilità o di economia circolare abbiamo lanciato un progetto piuttosto importante. Siamo un’azienda internazionale e in provincia di Lucca, dove siamo localizzati, c’è anche un forte polo produttivo della carta. Così, insieme a loro, abbiamo dato vita a un grosso progetto: il recupero degli scarti della raccolta differenziata di carta affinché potessero essere usati come combustibile per alimentare gli impianti, all’epoca alimentati con combustibili fossili. In pratica, una transizione ecologica con impianti ad alimentazione elettrica. In altre parole, autoproduzione di energia elettrica per la fusione del rame.

Il progetto aveva due fasi. La prima prevedeva grossi investimenti, eliminando i vecchi forni (tecnologia a combustibile fossile) in favore di impianti di limite alimentazione elettrica. Quest’esigenza nasceva dall’esigenza di minimizzare i costi energetici.

Il progetto, per il momento, è andato avanti solo per la parte della transizione – dal processo di alimentazione a gas al processo elettrico – nella quale abbiamo sostituito tutti i forni fusori, passando da 40-45 mila tonnellate di emissione l’anno a 10 mila. Che, per avere un’idea concreta, vuol dire aver fermato l’equivalente di circa 20 mila automobili. Ad oggi, rimane in piedi la seconda parte del progetto: il recupero degli scarti delle cartiere per costruire un pirogassificatore.

Economia circolare? Noi siamo circolari di natura perché evidentemente fondere qualcosa che già esiste – il rame, come del resto tutti gli altri metalli – è economicamente conveniente perché riduce ovviamente il processo e quindi riduce tutta la parte emissiva. Per capirci, si tenga presente la seguente proporzione: fondere da materia prima vergine emette quattro, fondere da materiale riciclato emette uno. Si tratta, quindi, di un contributo fondamentale per l’ambiente e un vantaggio economico per noi.»

Il pulper

 

«Cos’è lo scarto delle cartiere? In gergo si chiama pulper. Parliamo di un otto per cento di scarto della raccolta differenziata – ad esempio, quando si butta una rivista, un magazine rimane un pochino di plastica, una spilletta – che non viene recuperato dalle cartiere. Sostanzialmente è come se fosse una plastica con un altissimo potere calorifico e quindi combustibile. Quest’otto per cento, qualora non venisse recuperato con il nostro progetto, finirebbe in discarica (e i problemi sarebbero enormi perché è un prodotto infiammabile e non tutte le discariche lo accettano) oppure in giro nei termovalorizzatori classici d’Italia o di altri Paesi europei come l’Olanda e l’Austria. Prospettive una peggiore dell’altra…»