Smaltimento cellulari e rifiuti elettronici, che tesoro!
Quando parliamo di rifiuti spesso abbiamo in mente quelli legati al cibo, alle azioni quotidiane o alle attività delle imprese. Meno quelli legati all’alta tecnologia. Eppure computer, smartphone, televisori ed elettrodomestici ormai accompagnano la nostra vita. La gestione del loro ciclo vita, dunque, merita un’attenzione particolare visto l’impatto e il potenziale economico che hanno.
E allora entriamo nel mondo dei Raee, acronimo che sta per Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, partendo dall’impatto ambientale. Nel mondo si stima che siano prodotte 50 milioni di tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche in un anno e che ne venga recuperato appena il 20%. In Italia, invece, le tonnellate perdute sono 600 mila tonnellate a fronte delle 343 mila raccolte nel 2019 (+10% nel 2018).
Dove vanno a finire? Nella peggiore delle ipotesi, finiscono nei mari (con grave danno per l’ambiente) oppure in Asia e in Africa, nonostante l’esportazione dei Raee sia severamente proibita dall’Ue. In entrambi i casi, una sciagura ambientale. Se sui rifiuti in mare si è (giustamente) detto molto, in pochi sanno che gli scarti elettronici esportati all’estero finiscono bruciati senza alcuna tutela ambientale e che l’8% degli schermi catodici rinvenuti in Nigeria nel 2016, 70 tonnellate provenivano dall’Italia.
E nella migliore delle ipotesi? Nella migliore delle ipotesi restano nelle case degli italiani, spesso tra i cassetti, in un cimitero di pc, cellulari e caricabatterie, o nelle discariche (non tutti sanno che possono far ritirare gratis il vecchio dispositivo al negozio). Ed è un peccato perché i rifiuti elettronici sono delle potenziali miniere. Se è vero, infatti, che contengono elementi tossici (piombo e mercurio su tutti) e altrettanto vero che contengono circa 40 elementi molto preziosi. Tra questi, acciaio, alluminio, argento, cobalto e oro.
Il cellulare, in tal senso, è un vero e proprio tesoro. L’Università di Plymouth ha calcolato che uno smartphone contiene in media 36 milligrammi d’oro, 90 d’argento 150 di neodimio, 209 di tantalio, 70 di cobalto e 2.700 di nickel. Una miniera! Il problema, allora, è che recuperare queste parti preziose non è semplice. Servono impianti specializzati capaci di separare i pezzi, ma in Italia non ne abbiamo (in Europa, invece, ve ne sono una dozzina).
Certo, non mancano progetti interessanti. Va segnalata, ad esempio, l’iniziativa targata Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico) del cassonetto intelligente a Cava dei Tirreni. Funziona così: si apre il cassonetto con la tessera sanitaria e si deposita il rifiuto elettronico, in cambio di uno scontrino indicante l’emissione di C02 fatta risparmiare e dei punti per un buono sconto nei negozi. Si tratta di un buon modo per facilitare l’emersione dei Raee e sensibilizzare la loro gestione post uso. Ma va a messa a sistema.
Del resto, i numeri parlano chiaro. In Italia – come detto – la raccolta Raee del 2019 è stata del 42% con 343 mila tonnellate raccolte e un aumento del 10% rispetto all’anno precedente. Dati buoni, ma non esaltanti se confrontati con le percentuali delle cinque principali economie europee (Spagna 44%, Francia e Germania 45%, Regno Unito 60%) e gli obiettivi europei. Le direttive comunitarie, infatti, hanno stabilito che, a partire dal 2019, la percentuale di raccolta Raee dev’essere del 65%.
Ci aspetta, dunque, un’ulteriore sfida che coinvolge raccolta, riciclo e (tanto per cambiare) e impianti per rifiuti. Una sfida difficile, resa ancora più complicata dall’aumento del consumo di elettronica (+ 53%), da vincere. Non a caso, le medaglie olimpiche di Tokyo 2020 saranno realizzate con oro, argento e bronzo riciclati proprio dai rifiuti elettronici…