Il Covid non ferma la raccolta dei rifiuti. Ma servono gli impianti
Com’è la situazione dei rifiuti in Italia ai tempi del Covid? Non buona. E non è una novità, visto che la carenza degli impianti è roba nota e purtroppo penalizzante per il Paese. Secondo alcune stime (Fise Assoambiente e Cesisp University Bicocca) in Italia servirebbero impianti per trattare circa 2,2 milioni di tonnellate di spazzatura e smaltirne attraverso il recupero energetico 2,7 milioni.
E non sono una novità nemmeno le conseguenze dell’insufficienza di impianti: danni ambientali a causa dell’eccessivo ricorso alle discariche (se va bene e i rifiuti non vengono bruciati dalla criminalità) e spese ingenti a carico dei contribuenti.
Pandemia e rifiuti
La novità, piuttosto, è che l’emergenza pandemica ha evidenziato la carenza infrastrutturale del Paese. I rallentamenti doganali che limitano l’export dei rifiuti, le esigenze di smaltimento per i settori delle plastiche miste e dei rifiuti elettronici, il blocco dell’edilizia e dell’industria automobilistica che in condizioni normali assorbono i materiali riciclati: la situazione si è fatta più complicata. Senza dimenticare il problema dello smaltimento di rifiuti sanitari e, in particolare delle mascherine e dei guanti anti covid. La scorsa primavera, durante il primo lockdown, l’Ispra aveva calcolato un consumo giornaliero di 35-40 milioni di mascherine e di 70-80 milioni di guanti. Ebbene, siamo sicuri che il Paese potrà reggere questi rifiuti da qui a fine anno?
La raccolta differenziata cresce
Eppure, accanto alle difficoltà di smaltimento, ci sono dati della raccolta differenziata e del riciclo più che incoraggianti. Al punto che, in maniera un po’ titolistica, possiamo dire che il Covid non ha fermato la raccolta dei rifiuti in Italia.
I dati dei primi 9 mesi del 2020, infatti, raccontano che la raccolta differenziata è arrivata quasi al 60% del totale della raccolta rifiuti: percentuale che segna un aumento del 27,5% rispetto al 2008. Naturalmente, i numeri variano da zona a zona. Si sa, il Nord è più virtuoso (Veneto e Lombardia toccano il 70%, mentre il Molise e la Sicilia si attestano sotto al 40%) ma è altrettanto vero che il Centro e il Sud (specie sul riciclo) stanno migliorando le proprie performance.
Tra i numeri della differenziata, spicca il +7% degli imballaggi (circa +6% nelle raccolte di vetro e plastica, +10% nella carta e +18% nell’acciaio) per un complesso di 11 milioni di imballaggi recuperati su 13 milioni e 655 mila immessi al consumo. Un quantitativo pari all’81%!
Cifre positive alle quali si aggiungono quelle del riciclo. Ben 9 milioni e 560 mila tonnellate di imballaggi riciclati (il 70%), che segnano un +3,1% rispetto al 2018, quando la quantità riciclata era stata di 9 milioni e 270 mila tonnellate.
Servono impianti!
I dati della raccolta differenziata e del riciclo ci forniscono, dunque, un dato importante: più di quattro imballaggi su cinque evita di finire in discarica. Ma ci dicono pure che tanti numeri virtuosi vengono in parte vanificati dall’insufficienza di impianti (soprattutto nel Lazio e in Campania) che impedisce la chiusura del ciclo. E così, oltre alle conseguenze ricordate sopra, ecco le discariche abusive per i materiali non riciclati e per gli scarti residui non riciclabili dopo le attività di rigenerazione.
Servono impianti! Lo suggerisce la realtà, lo richiede l’economia circolare e lo impone la nuova direttiva europea, secondo la quale che dobbiamo chiudere discariche per 4,5 milioni di tonnellate di spazzatura e abbandonare impianti Tmb (trattamento meccanico biologico) per 4,9 milioni di tonnellate.
E serve una strategia nazionale di gestione dei rifiuti che fornisca una visione nel medio-lungo periodo e che migliori le attuali performance. L’agenda politica suggerisce due occasioni forse irripetibili: il piano di aiuti messo in campo dalla Ue (Recovery Fund) e il programma nazionale per la gestione dei rifiuti da definire nei prossimi 18 mesi, appena la direttiva sarà recepita.
Speriamo di coglierle entrambe.