Le discariche inquinano più dei termovalorizzatori

Marzo 23, 2021 By

Con pochi impianti per smaltire i rifiuti, Italia difficilmente riuscirà a raggiungere gli obiettivi europei imposti dalle direttive Ue sul riciclo. Intanto uno studio rivela dati sorprendenti su discariche e termovalorizzatori.

Pochi impianti per smaltire i rifiuti e pochissime probabilità di raggiungere gli obiettivi imposti dalle direttive Ue entro il 2035 sul riciclo. La situazione dell’Italia è risaputa e in più di un’occasione, in questo portale, abbiamo analizzato cause (fenomeno nimby e opportunismi elettorali di certa politica) ed effetti (costi ambientali ed economici) di certe (non) scelte.

Un recente studio dei Politecnici di Milano e di Torino condotto assieme alle Università di Trento e Roma 3 Tor Vergata Una, però, rilancia la questione alla luce di nuovi e (in parte) sorprendenti dati.

Partiamo dall’inizio. Gli ultimi dati disponibili (risalenti al 2019) ci dicono che i 37 inceneritori lungo la Penisola trattano 5,5 milioni di rifiuti urbani e speciali, ricavandone 4,6 milioni megawatt di energia elettrica e 2,2 milioni MWh di energia termica. Di queste, il 51% è energia rinnovabile capace di soddisfare il fabbisogno di quasi 3 milioni di famiglie italiane.

Riciclo, obiettivi Ue entro il 2035

Insomma, cifre incoraggianti ma comunque insufficienti per la svolta green tante volte annunciata dalla politica e per il raggiungimento degli obiettivi europei fissati per il 2035. Se l’Unione europea, infatti, ha stabilito che la percentuale dei rifiuti riciclati dovrà essere del 65% e quella destinata alle discariche del 10% (nel 2019, è smaltito in discarica Il 21% dei rifiuti urbani), è chiaro che per smaltire il rimanente 25% si dovrà ricorrere ai termovalorizzatori.

Eppure, come detto, in Italia autorizzazioni e costruzioni di impianti sono al palo per l’ostruzionismo di alcuni comitati ambientalistici e l’opportunismo di certa politica. Uno degli argomenti più usati a sostegno di tanto ostruzionismo sarebbe l’impatto ambientale degli inceneritori.

Inceneritori, due miti sfatati dallo studio

Ed ecco lo studio. I quattro istituti sopracitati, infatti, “smontano” questo falso mito. Non solo le emissioni dei termovalorizzatori hanno un impatto sull’ambiente 8 volte inferiore rispetto a quelle delle discariche, ma hanno anche limiti molto più stringenti rispetto alle attività commerciali. Le emissioni PM10 (indicatore della chimica ambientale che misura l’insieme delle sostanze solide o liquide sospese in aria) dei termovalorizzatori, ad esempio, sono pari allo 0,03% del totale, mentre quelle combustioni di attività commerciali e del residenziale raggiungono il 53,8%.

Ma non è tutto. Viene smentito anche il “mito” che gli impianti favorirebbero la distribuzione e la frequenza delle malattie ed eventi di rilevanza sanitaria nella popolazione. L’ultima parte della ricerca analizza studi epidemiologici effettuati in alcune capitali europee (Copenaghen e Vienna) dove sono presenti impianti di smaltimenti e riciclo rifiuti. Ebbene, i dati rivelano che gli inceneritori non possono essere considerati fattori di rischio di cancro o di effetti negativi sulla riproduzione o sullo sviluppo umano. Come si legge nel rapporto, “i rilievi dei livello di diossina riscontrabili nella popolazione che risiede vicino agli impianti non ha evidenziato livelli superiori rispetto a quelli riscontrabili in popolazioni che vivono in aree non interessate agli impianti”.

Per realizzare una vera e propria economia circolare e chiudere il ciclo dei rifiuti, dunque, servono impianti tecnologicamente sicuri e all’avanguardia. Una soluzione nota, ma che oggi può essere sostenuta con maggior vigore alla luce della ricerca citata. Del resto, a pensarci bene, se in Germania gli inceneritori sono circa il triplo (96) e in Francia il quadruplo (126), un motivo ci sarà…