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Crisi Climatica

Louis Vuitton, attivisti irrompono nella sfilata: provocazione o banalizzazione?

Ottobre 12, 2021 By

Extinction Rebellion approfitta della settimana della moda di Parigi per denunciare gli effetti di uno dei settori più inquinanti del Pianeta.

I cambiamenti climatici sono così: inaspettati, repentini e a volte catastrofici. Proprio come gli attivisti di Extinction Rebellion che hanno fatto irruzione con degli striscioni nella sfilata parigina di Louis Vuitton, che quest’anno compie 200 anni di vita, per denunciare l’impatto dell’industria della moda sui cambiamenti climatici.

“Consumismo = Estinzione”, si legge sul manifesto-lenzuolo portato sulla passerella di Vuitton, in scena al Passage Richelieu del Louvre di Parigi, la sera del 5 ottobre, nel corso dell’ultima giornata della Fashion Week francese. Un’attivista, prima di essere allontanata dalla sicurezza, è saltata sulla passerella fra le modelle, sfilando con loro con lo striscione. A organizzare la protesta, oltre a Extinction Rebellion, sarebbero stati anche Amis de la Terre e di Youth For Climate. Una trentina in tutto.

Al termine della sfilata Nicolas Ghesquière, stilista della maison, ha percorso la passerella scortato da un bodyguard. Finora la casa di moda non ha rilasciato alcuna dichiarazione sull’accaduto.

Gli abiti finiscono in discariche e inceneritori

Provocazione intelligente o banalizzazione di un problema? Si possono avere opinioni diverse rispetto all’irruzione degli attivisti di Extinction Rebellion, movimento non violento di disobbedienza civile che si occupa dell’emergenza climatica ed ecologica. Di sicuro la questione esiste. Secondo il report Changing Markets Foundation, pubblicato a inizio 2021, oggi vengono acquistati mediamente il 60% di vestiti in più, rispetto al 2015, con un potenziale incremento di volumi che porterà a 102 milioni di tonnellate di capi di abbigliamento prodotti entro il 2030. Non solo: lo stravolgimento dei tempi di produzione, molto più rapidi rispetto al passato, impongono una vita meno lunga dei capi. Sempre nel 2015, il 70% degli abiti ha raggiunto in breve tempo le discariche, il restante 30% gli inceneritori.

Tra le industrie più inquinanti del Pianeta

L’incessante produzione e il conseguente consumo che ne deriva si trasformano poi in sfruttamento e inquinamento ambientale. L’Agenzia europea dell’ambiente ha inserito la produzione tessile tra le prime cause di inquinamento ambientale su scala globale: il settore infatti consuma più energia rispetto al trasporto navale e aereo insieme. Inoltre, le fibre sintetiche all’interno degli abiti rilasciano microplastiche durante tutto il corso della loro vita che finiscono negli oceani, nell’aria e nel cibo. Tutto questo è destinato a peggiorare con il passare del tempo.

Con il tempo però sono stati fatti diversi sforzi dalle case di moda per rendere il comparto meno impattante e più sostenibile. Anche Louis Vuitton si è mossa nella direzione della sostenibilità, impegnandosi, fra l’altro, a ridurre del 55% i livelli delle emissioni del 2018 entro il 2030. E non è poco, anche se forse ancora non abbastanza…