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Termovalorizzatori in Italia, 3 questioni su cui riflettere

Maggio 24, 2022 By

Per alcuni sono indispensabili oggi più che mai, per molti sono una scelta secondaria, per altri ancora sono incompatibili con l’economia circolare. Come la si pensi, è ora di aprire un dibattito sugli impianti di smaltimento dei rifiuti. Senza tabù.

Da anni i termovalorizzatori (o gli inceneritori, come li chiamano i detrattori) dividono il Paese. Da una parte chi li considera indispensabili e persino virtuosi, alla luce delle nuove tecnologie (Copenhill docet), dall’altra chi preferisce puntare sulle rinnovabili o addirittura li ritiene “incompatibili con l’economia circolare” (come dichiarato da Beppe Grillo).

Con la guerra e il caro bollette il dibattitto si è riproposto in maniera ancora più sentita. Repubblica, di recente, ha pubblicato un’inchiesta molto interessante sul tema, partendo dal caso di Roma. La Capitale è la fotografia esasperata della situazione impianti tra schizofrenie della politica e rifiuti ai bordi delle strade. L’articolo a firma di Lorenzo D’Albergo, Lorenzo De Cicco e Luca Pagni punta il dito sulle contraddizioni dei Cinque stelle, rei di non aver affrontato una questione decisiva per motivi ideologici ed elettorali.

Lasciando da parte l’aspetto più politico, su tre aspetti più tecnici dell’inchiesta.

Questione energetica

Per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione europea al 2035 (differenziata al 65% e conferimento in discarica non oltre il 10%), l’Italia dovrebbe costruire 4-5 impianti. In questo modo, peraltro, potrebbe sostituire fino al 5% delle importazioni annuale di gas dall’estero (studio di Utilitalia dello scorso marzo).

I 38 inceneritori (di tutte le taglie) attivi nel nostro Paese producono ogni anno circa 6,7 megawattora di energia elettrica, pari al 2,2% del fabbisogno nazionale. Ma per raggiungere gli obiettivi di Bruxelles occorre che negli impianti finiscano altri 2,7 milioni di tonnellate annue di rifiuti, che potrebbero produrre una volta bruciati un potere calorifico equivalente a 2,35 miliardi di metri cubi di gas. Il che corrisponde al 3% delle importazioni.

Questione economica

Non solo la diminuzione d’importazione del gas. Con nuovi termovalorizzatori si avrebbe anche la riduzione della Tari, la tariffa che paghiamo per lo smaltimento dei rifiuti. L’alta percentuale di rifiuti in discarica (21% con percentuali doppie nelle regioni del Sud) e i pochi impianti, infatti, danno vita al “turismo dei rifiuti”: i Comuni senza discariche a disposizione o impianti sono costretti a far viaggiare i rifiuti verso i termovalorizzatori del Nord o dei Paesi esteri. Spostamenti che vogliono dire 31mila tonnellate di CO2 (2,7 milioni di tonnellate di rifiuti urbani trattati trasportate attraverso 107 mila viaggi di camion per 49 milioni di chilometri percorsi) e 75 mln di euro in più di Tari.

Senza dimenticare le multe complessive arrivate a 70 milioni di euro ogni anno dell’Unione europea per i ritardi nella chiusura delle discariche.

termovalorizzatori italiaQuestione impiantistica

L’inchiesta di Repubblica osserva come anche sullo smaltimento della spazzatura l’Italia è divisa in due, con le regioni settentrionali che hanno medie di smaltimento e di riciclaggio dei rifiuti che competono con il Nord Europa. La mappa del Paese degli impianti sottolinea ulteriormente questa frattura. Certo, il Meridione vanta il caso del termovalorizzatore di Acerra, che si occupa dello smaltimento di rifiuti di un’ampia zona della provincia di Napoli. Gestito dalla A2A, l’utility controllata dai comuni di Milano e di Brescia, l’impianto rappresenta anche una risposta importante a chi teme gli effetti negativi per l’ambiente a causa dei fumi degli impianti. Sull’esempio dell’inceneritore di Brescia sono state installate alcune arnie. Le api, infatti, sono considerate come “sentinelle” per la qualità dell’ambiente circostante. Ebbene, queste producono all’anno circa 70 chili di miele. Il tutto regolarmente certificato.

Insomma, Acerra come esperimento ambientale e come eccellenza impiantistica. “Tanta roba”, ma al tempo stesso troppo poco per il Meridione. E forse anche per il Paese.